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Abusi edilizi, il Comune può acquisire i tuoi immobili abusivi e i terreni dove sono costruiti: nuova sentenza del TAR

Abusi edilizi, il Comune può acquisire i tuoi immobili abusivi e i terreni dove sono costruiti: nuova sentenza del TAR
Il TAR Lazio, con sentenza n. 23222/2024, ha confermato un'ordinanza di demolizione per abusi edilizi a Roma, accogliendo parzialmente il ricorso sull’acquisizione al patrimonio pubblico per carenze nella perimetrazione delle aree confiscate, ordinando al Comune di rettificare i criteri di calcolo e la regolarizzazione catastale
Una recente pronuncia del TAR Lazio ha affrontato un caso di abuso edilizio, confermando un ordine di demolizione e accogliendo solo parzialmente un'eccezione relativa alla delimitazione delle aree confiscate.
In particolare, i giudici amministrativi sono intervenuti su una controversia complessa, che ha contrapposto una società immobiliare al Comune di Roma.
La disputa verteva su due provvedimenti amministrativi: il primo riguardava un'ordinanza di demolizione di opere realizzate senza autorizzazione, mentre il secondo disponeva l'acquisizione al patrimonio pubblico dei terreni e delle costruzioni abusive, dopo l’inadempienza alla demolizione.
Con la sentenza n. 23222/2024, il TAR ha respinto l’impugnazione dell’ordine di demolizione, rilevando che la società non aveva fornito elementi concreti a propria difesa. Tuttavia, ha accolto parzialmente il secondo ricorso, criticando la mancanza di una chiara perimetrazione delle aree confiscate.

Tutto ha avuto inizio con l’esecuzione di interventi edilizi non autorizzati su un immobile a Roma. Tra le opere realizzate figuravano ampliamenti volumetrici, strutture in muratura, una costruzione in legno con tetto spiovente, un edificio con cucina e bagno e alcune strutture realizzate in lamiera.
Secondo il Comune, tali lavori costituivano nuove edificazioni abusive, prive delle autorizzazioni previste dall’art. 31 del T.U. edilizia, che impone la demolizione obbligatoria per gli interventi non conformi alle norme urbanistiche.
L’amministrazione ha, quindi, emesso un’ordinanza che obbligava la società a demolire le opere entro 90 giorni. Era inoltre precisato che, in caso di mancata esecuzione, le strutture e un terreno adiacente di 1.600 mq sarebbero stati acquisiti al patrimonio pubblico.

La società ha contestato il provvedimento, sostenendo che alcune opere fossero antecedenti al 1967, quindi esenti dall’obbligo di permesso di costruire. Inoltre, ha dichiarato che si trattava di lavori di ristrutturazione e non di nuove costruzioni, richiamandosi all’art. 33 del T.U. edilizia, il quale prevede sanzioni meno drastiche.
Nonostante queste argomentazioni, il TAR ha evidenziato l’assenza di documentazione a supporto della difesa. La società non è stata in grado di fornire né documenti catastali, né prove concrete per dimostrare la legittimità delle opere contestate.

Il secondo ricorso ha riguardato la decisione del Comune di acquisire le opere abusive e un terreno circostante di 1.600 mq, a seguito del mancato rispetto dell’ordinanza di demolizione nel termine di 90 giorni.
La procedura è stata formalizzata con un atto amministrativo che disponeva il trasferimento di proprietà al Comune e la registrazione del passaggio nei registri immobiliari. La società ha contestato tale decisione eccependo diverse irregolarità procedurali.
Le principali obiezioni avanzate includevano:
  • delimitazione imprecisa: il provvedimento non indicava chiaramente i confini dell’area acquisita, né spiegava il metodo di calcolo dei 1.600 mq aggiuntivi rispetto alla superficie occupata dai manufatti;
  • mancata notifica preventiva: la società ha denunciato l’assenza di un accertamento formale sull’inadempienza, che avrebbe impedito alla stessa di presentare eventuali osservazioni;
  • eccesso di potere: l’amministrazione, secondo la società, avrebbe agito senza condurre un’istruttoria adeguata e senza motivare i criteri seguiti per l’individuazione delle aree da acquisire.
La contestazione si è quindi spostata sul piano formale, mettendo in discussione la correttezza procedurale delle sanzioni adottate.
Il tribunale amministrativo ha esaminato entrambi i ricorsi, rigettando quello relativo all’ordinanza di demolizione e accogliendo in parte quello sull’acquisizione.
Sull’ordinanza di demolizione, il TAR ha stabilito che la società non aveva presentato documenti idonei a dimostrare la legittimità delle opere, confermando così la validità del provvedimento comunale.
Sull’acquisizione, il tribunale ha riconosciuto la legittimità del principio di acquisizione per mancata demolizione, ma ha ritenuto carente la perimetrazione delle aree interessate e i criteri di calcolo del terreno aggiuntivo di 1.600 mq.
Il TAR ha pertanto ordinato al Comune di rivedere il provvedimento e di precisare:
  • la perimetrazione esatta del terreno acquisito;
  • i criteri utilizzati per calcolare l’estensione del terreno aggiuntivo;
  • la regolarizzazione catastale delle aree coinvolte.
Infine, la società è stata condannata a pagare 1.500 euro di spese processuali, essendo risultata soccombente nella causa.


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