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Troppe assenze per malattia o infortunio, rischi il licenziamento, attento a non superare i limiti: ecco come evitarlo

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Troppe assenze per malattia o infortunio, rischi il licenziamento, attento a non superare i limiti: ecco come evitarlo
È molto importante fare attenzione a non superare il limite di assenze per malattia o infortunio poiché si potrebbe rischiare il licenziamento. Ma vediamo più nel dettaglio cosa può succedere
Il nostro ordinamento afferma il diritto del lavoratore a conservare il proprio posto di lavoro anche in caso di assenze dovute a malattia o infortuni. Questo diritto, però, presenta un limite che rinveniamo nell'art. 2110 del c.c. il quale, al secondo comma, stabilisce che, se il lavoratore supera il periodo di "comporto", il datore di lavoro può recedere dal contratto in base all'art. 2118 del c.c..
Quindi ci sono dei casi in cui il lavoratore può essere legittimamente licenziato anche se la sua assenza dipende da una malattia o da un infortunio: ma vediamo bene, nel dettaglio, cosa stabilisce la legge.
Anzitutto è bene specificare che il periodo di comporto per malattia o infortunio è stabilito dall'INPS e dall'INAIL, che si occupano rispettivamente di assicurarsi che il lavoratore percepisca lo stipendio anche nel periodo di malattia e di corrispondere il dovuto indennizzo in caso di assenza dovuta a infortunio sul lavoro.
Proprio per il fatto che il periodo di comporto non è stabilito dalla legge, è importante conoscerne la durata, così da interrompere le assenze se ci si sta avvicinando alla fine dei giorni a disposizione.

Entrando nel vivo, vediamo che l'INPS corrisponde al dipendente in malattia una retribuzione sostitutiva pari al:
  • 50% della retribuzione media giornaliera, dal quarto al ventesimo giorno;
  • 66,66% dal ventunesimo al centottantesimo giorno.
Per i primi tre giorni di malattia spetta ai CCNL stabilire l'indennità dovuta al lavoratore, che sarà a totale carico del datore di lavoro. Sempre ai contratti collettivi spetta stabilire se, a partire dal quarto giorno di assenza, oltre a quanto dovuto dall'INPS, il datore di lavoro debba integrare altre somme per coprire la restante parte dello stipendio.
Abbiamo visto che il periodo di comporto ha una durata massima di 180 giorni, oltre i quali al lavoratore non spetterà alcuna indennità o retribuzione sostitutiva e potrebbe essere irrogato il licenziamento; i 180 giorni si calcolano nell'arco dell'anno, a prescindere che si tratti di assenza continuativa o frazionata.

In merito alle assenze dovute a infortuni sul lavoro, è l'INAIL a stabilire il periodo di comporto e il rispettivo indennizzo. In particolare, questo è pari:
  • al 60% della retribuzione dal quarto al novantesimo giorno di infortunio;
  • al 75% della retribuzione dal novantunesimo fino alla completa guarigione del lavoratore.
Viene subito in evidenza che, nel caso di infortunio sul lavoro, non abbiamo un limite oltre il quale il lavoratore non ha diritto a un indennizzo. Invece, per quanto attiene al dritto alla conservazione del posto di lavoro, la Cassazione ha stabilito che si vada ad applicare lo stesso periodo di comporto previsto per le assenze dovute a malattia, quindi 180 giorni.
Dalla giurisprudenza della Suprema Corte ricaviamo che anche in caso di infortunio sul lavoro si può essere destinatari di licenziamento. L’unica eccezione si ha quando l’infortunio (o la malattia professionale) sia dovuto a responsabilità del datore di lavoro, caso in cui l'infortunio non viene considerato nel periodo di comporto.


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