Va osservato, tuttavia, come dal tradimento non consegua automaticamente l’addebito della separazione, in quanto il coniuge potrebbe fornire la prova che la fine del matrimonio non debba ricondursi all’adulterio, che potrebbe invece essere stato solo una conseguenza del già avvenuto deterioramento del rapporto coniugale.
Un primo problema che può porsi in sede di separazione è quello della prova dell’eventuale tradimento da parte di uno dei coniugi.
Il nostro ordinamento, infatti, prevede espressamente il principio di tipicità delle prove, in base al quale, gli unici mezzi di prova che possono essere utilizzati nel processo sono esclusivamente quelli previsti dalle legge, vale a dire: prova documentale (cioè, documenti cartacei o in formato elettronico), testimonianza, confessione e giuramento.
Con specifico riguardo al fatto del tradimento, lo stesso potrebbe essere, in primo luogo, provato, attraverso la produzione, ad esempio di una lettera firmata, con cui il coniuge ammetta di essere stato infedele.
Non rientrano, invece, nella definizione di “prova documentale”, le c.d. riproduzioni meccaniche (fotocopie, e-mail non certificate, stampe di chat, o di sms, fotografie), che hanno valore probatorio solamente nell’ipotesi in cui non siano contestate dalla parte contro la quale le stesse vengono utilizzate.
In caso di contestazione, quindi, le riproduzioni meccaniche non possono essere considerate veri e propri mezzi di prova cui il giudice deve attenersi nella formazione del proprio convincimento, anche se le stesse possono, comunque, riacquistare valore probatorio laddove siano successivamente suffragate da testimonianze che confermino i fatti ivi riportati.
Sono opportune alcune precisazioni sia per quanto concerne
- (I) le fotografie scattate all’atto del tradimento, le quali, se non vengono contestate, fanno piena prova, senza bisogno di essere supportate da ulteriori mezzi di prova
- (II) il rapporto dell’eventuale investigatore privato, le cui dichiarazioni non costituiscono un mezzo di prova previsto dalla legge e non possono, pertanto rientrare nel processo.
Quanto alla contestazione delle fotografie, va precisato come essa non possa essere del tutto generica, dovendo la parte addurre delle serie motivazione a sostegno della stessa.
Quanto, invece, alle dichiarazioni rese dall’investigatore privato, è opportuno specificare che, anche se le stesse non costituiscono dei veri e propri “mezzi di prova tipici”, in ogni caso, l’operato del detective non è affatto inutile, dal momento che il medesimo può essere, comunque, chiamato a testimoniare nel corso del processo stesso.
E’ opportuno precisare, in proposito, che il testimone può deporre unicamente su fatti e circostanze di cui abbia avuto una percezione diretta, non essendo ammessa la cosiddetta testimonianza indiretta.
Laddove il testimone riferisse di essere venuto a conoscenza di un determinato fatto in quanto lo stesso gli è stato riferito da un soggetto terzo, tale sua dichiarazione potrà costituire solo un "argomento di prova", in quanto tale liberamente valutabile dal giudice.
Quanto, infine, ad e-mail ed sms, anche le relative stampe possono assumere valenza probatoria, a meno che non vengano contestate dalla controparte. In caso di contestazione, dunque, si renderà necessario, anche in questo caso, ricorrere al supporto della prova testimoniale.
Attenzione però alla violazione della normativa sulla privacy, in quanto, secondo un orientamento giurisprudenziale, le prove acquisite illegittimamente non possono nemmeno essere utilizzate nel processo. Secondo un altro orientamento, invece, le stesse possono trovare ingresso in sede giurisdizionale, ferme restando le eventuali conseguenze penali della condotta, da far valere in un autonomo procedimento.
Un ultimo accenno quanto a confessione e giuramento: si ricorda che queste rappresentano delle vere e proprie “prove legali”, cui il giudice non può in alcun modo discostarsi in sede di formulazione del giudizio.