Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3172 del 28 giugno 2017, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Nel caso esaminato dal Consiglio di Stato, un soggetto aveva agito dinanzi al TAR, al fine di ottenere l’annullamento del provvedimento con cui il Comune gli aveva ordinato la demolizione di una tensostruttura, che era stata collocata sul terrazzo di proprietà del ricorrente.
Tale tensostruttura, in particolare, era costituita “da una pergola in metallo corredata da tenda in PVC con movimento elettrico per una superficie coperta pari a 32, 76 metri quadri”.
Secondo il ricorrente, il Comune, nell’ordinare la demolizione, non avrebbe dato corretta applicazione all’art. 10 del D.P.R. n. 380 del 2000, in quanto non si trattava di opera assoggettata a rilascio di permesso di costruire, in ragione del fatto che si trattava di una struttura mobile.
Il TAR aveva rigettato la domanda del ricorrente, osservando che “l’installazione di una tenda parasole medianti pali infissi stabilmente al suolo del terrazzo costituisce intervento edilizio in cui assume decisiva prevalenza il momento trasformativo innovativo, ed in quanto tale assoggettabile, secondo un costante insegnamento giurisprudenziale, al preventivo rilascio del prescritto titolo abilitativo”.
In sostanza, secondo il TAR, per la costruzione della tensostruttura in questione, era necessario ottenere il previo rilascio del permesso di costruire e, poiché tale permesso non era stato rilasciato, l’opera doveva considerarsi illegittima e, dunque, il Comune ne aveva correttamente disposto la demolizione.
Ritenendo la decisione ingiusta, il soggetto in questione aveva deciso di rivolgersi al Consiglio di Stato, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Il Consiglio di Stato riteneva, in effetti, di dover dar ragione al ricorrente, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.
Il Consiglio di Stato, in particolare, richiamava una precedente sentenza dell’11 aprile 2017 (la n. 1777), nella quale era stato specificato che la tensostruttura “non configura né un aumento del volume e della superficie coperta, né la creazione o modificazione di un organismo edilizio, né l’alterazione del prospetto o della sagoma dell’edificio cui è connessa, in ragione della sua inidoneità a modificare la destinazione d’uso degli spazi esterni interessati, della sua facile e completa rimuovibilità, dell’assenza di tamponature verticale e della facile rimuovibilità della copertura orizzontale (addirittura retraibile a mezzo di motore elettrico)”.
Secondo il Consiglio di Stato, dunque, la tensostruttura deve essere qualificata come una sorta di “arredo esterno, di riparo e protezione” e, in quanto tale, doveva essere ricompresa tra gli interventi di manutenzione che non sono subordinati al rilascio di permesso di costruire, ai sensi dell’art. 6, comma 1, del D.P.R. n. 380 del 2001.
Ciò considerato, il Consiglio di Stato accoglieva il ricorso proposto dal proprietario della tensostruttura, annullando il provvedimento del Comune oggetto di impugnazione.