La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14010 del 25 marzo 2014, ha fornito alcune interessanti precisazioni in ordine al reato di “interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità”, di cui all’art. 340 codice penale.
Nel caso esaminato dalla Cassazione, un soggetto era stato condannato per tale reato, in quanto il medesimo risultava aver “cagionato diverse interruzioni o comunque turbato la regolarità dei servizi di pubblico soccorso legati alle linee telefoniche 112, 113 e 117 all'uopo effettuando, in più giornate, 71 diverse chiamate durante le quali recitava frasi con voce travisata, eseguiva rutti, pernacchie o faceva sentire all'interlocutore musica ad alto volume così da tenere le dette linee occupate”.
In particolare, mentre il giudice di primo grado aveva assolto l’imputato, in quanto il comportamento dal medesimo posto in essere “avrebbe concretato una irrilevante turbativa del servizio di pubblico soccorso cui si è posto riparo attraverso il sequestro del corpo del reato senza interrompere il servizio ma dando sostanza a comportamenti petulanti, maleducati che durante lo svolgimento di un pubblico servizio possono ragionevolmente presumersi siccome suscettibili di accadimento”, il giudice di secondo grado riteneva di dover procedere alla condanna.
Secondo la Corte d’appello, infatti, il comportamento tenuto dall’imputato aveva “concretato una apprezzabile turbativa. Sia guardando al profilo del blocco delle chiamate, con distrazione di mezzi e personale per avviare la ricerca funzionale alla individuazione del responsabile; sia rimarcando il numero e le caratteristiche, nella durata, delle telefonate, tali da occupare per un periodo di tempo consistente la linea telefonica e l'operatore di servizio”.
Giunti al terzo grado di giudizio, la Corte di Cassazione evidenziava come “nel caso di specie, i servizi disturbati dall'azione del ricorrente vedono nella pronta ed immediata risposta delle forze dell'ordine interessate alle esigenze di intervento prospettate dagli utenti la ragion d'essere della funzionalità che li connota”.
Di conseguenza, secondo la Cassazione, tale azione di disturbo “se ripetuta con una certa continuità anche se per frazioni di tempo modeste (…) finisce per creare un serio ostacolo alle possibilità di garantire pronta e regolare funzionalità al servizio di immediata emergenza sotteso alle linee telefoniche all'uopo dedicate”.
In particolare, secondo la Cassazione, appariva “pacifico che le chiamate, non immediatamente interrotte all'atto del contatto con l'operatore (...), furono ben settantuno, suddivise in soli sei giorni, dando così corpo, in linea con quanto osservato dalla Corte territoriale (...) ad una, seppur temporanea e non continuativa ma effettiva e certamente apprezzabile, turbativa del regolare svolgimento dei relativi servizi di soccorso in ragione delle difficoltà oggettive di accesso al servizio per la generalità degli utenti interessati”.
In altri termini, secondo la Cassazione, le condotte poste in essere dall’imputato non apparivano affatto irrilevanti, dal momento che le medesime avevano effettivamente turbato il regolare svolgimento dei servizi di soccorso.
Alla luce di tali considerazioni, la Cassazione non riteneva di poter accogliere le eccezioni sollevate dall’imputato-ricorrente, confermando la sentenza di condanna resa nel secondo grado di giudizio.