Come noto, al momento della separazione, il coniuge potrebbe chiedere che il giudice pronunci la sentenza “addebitando” la separazione all’altro coniuge (art.151 c.c.).
L’addebito, in particolare, può essere pronunciato quando il coniuge richiedente dia adeguata prova della violazione, da parte dell’altro coniuge, di uno dei doveri fondamentali che derivano dal matrimonio, come, ad esempio, l’obbligo di fedeltà, di coabitazione e così via.
Non solo, va osservato che la sola violazione dei doveri coniugali non basta ai fini della pronuncia della separazione con addebito, in quanto è necessario anche fornire la prova che tale violazione è stata la causa che ha determinato la fine del matrimonio e la decisione del coniuge di chiedere la separazione.
In altri termini ciò significa che se c’è stata una violazione dei doveri coniugali ma questa è stata solo “la goccia che ha fatto traboccare il vaso”, nel contesto di un matrimonio già in crisi, il coniuge non potrebbe richiedere l’addebito della separazione in ragione di tale violazione.
Inoltre, è opportuno sottolineare come la pronuncia con addebito della separazione abbia conseguenze piuttosto gravi, dal momento che il coniuge cui è stata addebitata la separazione non potrà vedersi riconosciuto il diritto alla corresponsione di un assegno mensile a titolo di contributo nel proprio mantenimento, indipendentemente dal fatto che le sue condizioni economiche lo possano, in astratto, giustificare.
La Corte di Cassazione, con la sentenza sopra citata, si è occupata di un caso particolare, in cui la moglie aveva tradito il marito, con la conseguenza che questi aveva chiesto che la separazione fosse addebitata alla stessa, poichè aveva violato il fondamentale dovere alla fedeltà coniugale.
Ebbene, nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva accolto la domanda del marito, addebitando la separazione alla moglie infedele, la quale, tuttavia proponeva ricorso per Cassazione, ritenendo tale decisione ingiusta.
Giunti al terzo grado di giudizio, la Corte di Cassazione non ritiene di poter aderire alle argomentazioni svolte dalla Corte d’Appello, in quanto, la stessa non aveva adeguatamente preso in considerazione una lettera sottoscritta dal marito nella quale egli ammetteva espressamente alcune proprie colpe nella fine della relazione coniugale: in particolare, il marito riconosceva di non aver adeguatamente assistito la moglie durante il matrimonio, sia dal punto di vista morale che materiale.
Secondo la Cassazione, quindi, questa lettera dimostrava come il matrimonio non fosse fallito solo a causa della relazione extraconiugale intrattenuta dalla moglie, in quanto era evidente che la coppia fosse in crisi già da molto prima del tradimento.
Per questo motivo, dunque, non era possibile addebitare la separazione alla moglie, in quanto la sua violazione del dovere di fedeltà coniugale non era stata la causa che aveva determinato la fine del matrimonio, dovendosi la comunione materiale e spirituale dei coniugi ritenersi venuta meno già tempo prima.