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È sempre possibile ristrutturare case rurali se la loro costruzione è antecedente al gennaio del 1977

È sempre possibile ristrutturare case rurali se la loro costruzione è antecedente al gennaio del 1977
Il passaggio da residenza “rurale” a residenza "civile" non configura una modificazione della destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, se il fabbricato è antecedente al 1977.
Il Tar Piemonte ha affermato, con sentenza n. 687 del 14 giugno 2019, che se la costruzione di una residenza in zona rurale è antecedente al 1977 e viene oggi utilizzata da soggetti privi della qualità di imprenditore agricolo, non vi è modifica di destinazione d’uso. Tali soggetti, di conseguenza, possono anche ristrutturare la casa.
Ciò che risulta edificato prima della legge 10/1977, più nello specifico, costituisce oggetto della sentenza del tribunale amministrativo regionale.
Annullando la richiesta di pagamento degli oneri avanzata dal comune dei Torino nei confronti della ricorrente, i giudici hanno affermato che la modifica della destinazione d’uso può essere contemplata solamente per le case rurali realizzate dopo l’entrata in vigore della L. 10/1977.
Più in particolare, nel caso di specie, il Tar ha risolto una questione riguardante l’opera di restauro e risanamento conservativo di un fabbricato collocato nel comune di Torino.
Ad avviso del comune, ai fini della ristrutturazione, l’acquirente avrebbe dovuto possedere la qualifica di “imprenditore agricolo” di cui all’art. 2135 del c.c.. In assenza di tale qualifica, l’acquirente stesso avrebbe dovuto pagare gli oneri di urbanizzazione, conseguenti alla modifica di destinazione d’uso dell’immobile.
Nell’impostazione della L. 10/1977, l’esenzione dal contributo di concessione per la realizzazione di residenze rurali da parte di imprenditori agricoli configurava un beneficio di carattere soggettivo e oggettivo, correlato alla qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale dell’avente diritto e, contestualmente, alla destinazione funzionale dell’immobile a soddisfare le esigenze abitative del medesimo, realizzate in prossimità o proprio all’interno della propria azienda agricola.
Naturalmente, come si può leggere nella motivazione della sentenza, “laddove cessi per fatti oggettivi il presupposto che aveva giustificato l’esenzione dal contributo di costruzione, e cioè la destinazione della residenza rurale al soddisfacimento delle esigenze abitative dell’imprenditore agricolo connesse alla conduzione del fondo, il legislatore regionale consente che l’immobile possa essere destinato ad un uso diverso da quello assentito, ad esempio come normale abitazione “civile” da parte di soggetti privi della qualifica di imprenditori agricoli, ma in tal caso, verificandosi la decadenza dal beneficio dell’esenzione dal contributo di concessione, l’avente diritto è tenuto a corrispondere, ora per allora, il contributo originariamente non corrisposto.”
Nel caso di specie, tuttavia, affermano i giudici del Tar Piemonte, il fabbricato abitativo di proprietà della ricorrente è stato edificato, in area agricola, in epoca antecedente al 1977. Di conseguenza, l’immobile beneficiava del regime di generale gratuità dei titoli edilizi vigente in quell’epoca.
A nulla rileverebbe, quindi, la circostanza per cui ci sia stato il passaggio da residenza rurale a civile poiché, vigente la L.10/1977, entrambe le destinazioni risultavano esenti dal contributo di concessione.
Di conseguenza, il comune ha commesso un errore nel momento in cui ha applicato la disciplina urbanistica introdotta dalla L. 10/1977, poiché l'immobile in questione era stato edificato in epoca antecedente, sotto il vigore della L. 1150/1942, la quale non operava alcuna distinzione tra residenze rurali e residenze civili edificate in area agricola.
Di conseguenza, conclude il Tar, l'intervento di restauro de quo non è assoggettato ad alcun contributo di costruzione.


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