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Riconoscimento successivo del figlio minore: il genitore deve rimborsare le spese sostenute dall’altro prima del riconoscimento stesso?

Famiglia - -
Riconoscimento successivo del figlio minore: il genitore deve rimborsare le spese sostenute dall’altro prima del riconoscimento stesso?
Come noto, può accadere che un genitore decida di riconoscere il proprio figlio solo in un momento successivo alla nascita dello stesso.

In questo caso, è ovvio che, se uno solo dei genitori ha effettuato il riconoscimento, lo stesso è obbligato anche a sobbarcarsi per intero le spese di mantenimento che, invece, in condizioni “normali” andrebbero ripartite tra entrambi i genitori, in base alle rispettive condizioni economico-patrimominali.

Ma cosa succede quando l’altro genitore decide di provvedere al riconoscimento o, comunque, interviene una pronuncia che dichiara la paternità/maternità naturale?

In queste ipotesi, il genitore che per primo ha effettuato il riconoscimento, provvedendo, magari per anni, al mantenimento del figlio, ha diritto a vedersi rimborsato il 50% delle spese sostenute fino all’intervenuto riconoscimento anche da parte dell’altro genitore?

Proprio su questa delicata questione si è pronunciata la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3332 del 2016.

Nel caso di specie, il padre aveva proceduto a riconoscere il figlio solo alcuni anni dopo la sua nascita e la madre aveva chiesto la condanna del medesimo al pagamento delle spese di mantenimento del figlio, relative agli anni precedenti, oltre che la condanna del medesimo a corrispondere per il futuro un congruo assegno di mantenimento.

Dopo la condanna in primo grado, la Corte d’Appello confermava la decisione del Tribunale, che aveva posto a carico del padre il pagamento di 800 euro mensili a titolo di mantenimento per il futuro e di 10.000 euro, “a titolo di arretrati relativi alle spese sostenute dalla madre prima della formazione del titolo giudiziale di paternità naturale” (vale a dire, per il periodo anteriore al riconoscimento da parte del padre).

Il padre, proponeva, quindi, ricorso per Cassazione che, però, veniva ugualmente respinto, con la sentenza sopra citata.

Osserva la Corte come la Corte d’Appello avesse determinato l’importo del contributo al mantenimento del figlio minore in base ai principi e criteri stabiliti dalla legge, rappresentati dalle “esigenze del minore” e dalla “comparazione della situazione economico patrimoniale delle parti”.

La Corte d’Appello, inoltre, nel condannare il padre al pagamento delle spese sostenute dalla madre per i primi anni di vita del figlio, “ha svolto una valutazione equitativa fondata su circostanze esaurientemente evidenziate, consistenti nel carico esclusivo per i primi due anni di vita del minore, sopportato dalla madre, accompagnato da una valutazione probabilistica delle spese necessarie sulla base dell’età del minore e della condizione economico-patrimoniale di provenienza”.

La Corte di Cassazione precisa come l’obbligo di mantenere i figli minore sorge al momento della nascita ed è a carico di entrambi i genitori, in base alle loro capacità economiche, quando il figlio stesso sia stato riconosciuto dagli stessi.

Tale obbligo di mantenimento, in particolare, ha la natura di un obbligo solidale, con la conseguenza che se tale obbligo viene assolto da uno solo dei due condebitori, egli avrà poi diritto di rivalersi nei confronti dell’altro, attraverso l’esercizio del “diritto di regresso”, che gli consente di recuperare il 50% di quanto esborsato.

Se, invece, al momento della nascita, uno solo dei genitori effettua il riconoscimento e l’altro vi provvede solo in un momento successivo, è ovvio che il genitore che per primo ha effettuato il riconoscimento ha diritto al rimborso delle spese sostenute nella fase anteriore.

Per quanto riguarda la quantificazione precisa dell’importo dovuto, la relativa valutazione può essere fatta in via equitativa da parte del giudice, tenendo in considerazione gli “esborsi sostenuti o verosimilmente sostenibili dall’unico genitore nel periodo considerato”. Infatti, precisa la Corte come la particolare natura di questo credito, non comporta la necessità per il genitore che chiede la condanna di provare dettagliatamente quanto pagato nel corso degli anni.


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