E’ lecito appartarsi in auto con una prostituta?
Di questa questione si è occupata la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12495 del 18 maggio 2017.
Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’appello di L’Aquila aveva confermato la sentenza di primo grado resa dal Tribunale di Teramo, con la quale un imputato era stato condannato alla pena di tre mesi di reclusione, per aver commesso, in concorso con una prostituta straniera, il reato di “atti osceni”, di cui all’art. 527 cod. pen.
Ritenendo la condanna ingiusta, l’imputato decideva di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Secondo il ricorrente, infatti, non era stato provato che gli atti compiuti in auto fossero stati percepibili all’esterno e nemmeno era stato provato che gli atti stessi fossero stati commessi sulla pubblica via.
Nel caso di specie, anche il procuratore generale chiedeva che la sentenza fosse annullata, ma solo “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”.
La Corte di Cassazione riteneva di dover aderire a quanto evidenziato dal procuratore generale, osservando che, in effetti, il reato di cui all’art. 527 c.p. è stato depenalizzato a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 8 del 15 gennaio 2016.
All’art. 2 di tale decreto, infatti, è previsto che chi commette “atti osceni in luogo pubblico” non è più responsabile penalmente, potendo il medesimo essere condannato solo al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da Euro 5.000 a Euro 30.000.
La condotta, infatti, costituisce reato solo se il fatto “è commesso all’interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori e se da ciò deriva il pericolo che essi vi assistano”.
Nel caso di specie, dunque, poiché non era stato contestato che il fatto fosse stato commesso “nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori”, la Cassazione riteneva che la fattispecie non fosse rilevante dal punto di vista penalistico.
Osservava la Cassazione, in particolare, che, nel caso in esame, era stato solo dato conto del fatto che il ricorrente “era impegnato, in ora notturna, in coito orale con una prostituta a bordo della propria autovettura e sulla pubblica via” ma non vi era “alcuna specificazione in ordine al fatto che l’episodio si sia svolto nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori”.
Ciò considerato, la Corte di Cassazione annullava la sentenza impugnata “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”.