Quand’è che può essere riconosciuto il diritto all’indennità di accompagnamento?
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5068 del 5 marzo 2018, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Il caso sottoposto all’esame della Cassazione ha visto come protagonista un soggetto, che aveva agito in giudizio al fine di ottenere l’indennità di accompagnamento.
Il Tribunale di Lodi, pronunciatosi in primo grado, aveva rigettato la domanda, ritenendo che non sussistesse il necessario “requisito sanitario”.
La sentenza era stata, tuttavia, riformata dalla Corte d’appello di Milano, la quale riconosceva all’istante la prestazione richiesta, rilevando come il consulente tecnico, sentito in corso di causa, avesse accertato che il soggetto in questione “era affetto da vasculopatia che impediva la deambulazione duratura e che la valutazione geriatrica effettuata in ambito ospedaliero attestava che lo stesso era incapace di compiere in maniera soddisfacente gli atti quotidiani della vita”.
Ritenendo la decisione ingiusta, l’INPS aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Secondo l’INPS, in particolare, la Corte d’appello non avrebbe dato corretta applicazione all’art. 1 della legge n. 18 del 1980, in quanto la consulenza tecnica espletata aveva accertato che la ridotta capacità di deambulazione e di compiere gli atti comuni della vita non era di gravità tale da richiedere l’intervento di un accompagnatore.
La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover aderire alle considerazioni svolte dall’INPS, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.
Precisava la Cassazione, infatti, che l’art. 1 della legge n. 18 del 1980, ai fini del riconoscimento del diritto all’indennità di accompagnamento, “richiede la contestuale presenza di una situazione di invalidità totale, rilevante per la pensione di inabilità civile (…) e, alternativamente, dell'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore oppure dell'incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita con la conseguente necessità di assistenza continua”.
Ebbene, nel caso di specie, la Cassazione evidenziava come la consulenza tecnica espletata avesse accertato la sussistenza di una “semplice difficoltà di deambulazione o di compimento di atti della vita quotidiana”, i quali, dunque, non potevano considerarsi sufficienti ai fini del riconoscimento dell’indennità richiesta.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dall’INPS, annullando la sentenza impugnata e rigettando la richiesta di indennità formulata dal soggetto in questione (che, nel frattempo, era, peraltro, deceduto).
Ai fini del riconoscimento del diritto all’indennità di accompagnamento deve sussistere una situazione di invalidità totale e, alternativamente, l'impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore.