Il 25 maggio 2018 entra in vigore in tutti gli stati membri dell'Unione Europea il nuovo "Regolamento relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati".
[COSA E' LA PROFILAZIONE]
L'art. 4 è rubricato "definizioni".
A noi interessa la definizione di "profilazione". Ecco dunque cosa dice il regolamento sull'attività di profilazione:
qualsiasi forma di trattamento automatizzato di dati personali consistente nell'utilizzo di tali dati personali per valutare determinati aspetti personali relativi a una persona fisica, in particolare per analizzare o prevedere aspetti riguardanti il rendimento professionale, la situazione economica, la salute, le preferenze personali, gli interessi, l'affidabilità, il comportamento, l'ubicazione o gli spostamenti di detta persona fisica;
Cosa è dunque la "profilazione"? In quali attività consiste?
Cercando di semplificare al massimo potremmo dire che essa è costituita dall'uso di informazione personali relative a un determinato soggetto con il fine di creare una "immagine", un "identikit" del soggetto medesimo, volta a stabilire determinati aspetti della sua vita, e precisamente:
- il rendimento professionale, le preferenze personali, gli interessi
- la sua situazione economica
- il suo stato di salute
- le sue preferenze personali e gli interessi (p.e. prodotti o servizi che gradisce o di cui si serve abitualmente)
- l'affidabilità (perlopiù in relazione, evidentemente, alla concessione di credito)
- il luogo in cui si trova e gli spostamenti che fa
Detto questo occorre precisare però che una parola che è vistosamente assente dalla definizione di "profilazione" è "decisione".
Questo aspetto non è stato notato dalla maggior parte dei commentatori del nuovo regolamento. "Profilazione" e "processo decisionale automatizzato" sono cose distinte, e vanno tenute distinte. Dall'aver confuso le due cose è nata la convinzione, errata, che è sempre necessario il previo consenso per le attività di profilazione a meri fini pubblicitari.
È peraltro doveroso sottolineare che il GDPR (General Data Protection Regulation), all'art. 22, sfuma la netta linea di demarcazione tra i due concetti sopraccitati, e non è quindi così strano che si sia fatta confusione da parte degli interpreti meno attenti. Si legge infatti:
1. L'interessato ha il diritto di non essere sottoposto a una decisione basata unicamente sul trattamento automatizzato, compresa la profilazione, che produca effetti giuridici che lo riguardano o che incida in modo analogo significativamente sulla sua persona.
Facciamo un pò di interpretazione letterale della norma.
L'espressione "compresa la profilazione" è una incidentale. Si riferisce, precisandolo, al "trattamento automatizzato", testo immediatamente precedente.
Non si riferisce a "decisione".
Fosse stato questo il caso avremmo dovuto leggere:
L'interessato ha il diritto di non essere sottoposto a una decisione basata unicamente sul trattamento automatizzato, e neppure a una profilazione, che produca effetti giuridici che lo riguardano o che incida in modo analogo significativamente sulla sua persona.
L'art. 22, il divieto che contiene (che è superabile solo con il consenso dell'interessato), si applica solo ed esclusivamente al processo decisionale automatico, non alla profilazione di per sé.
Un controllore potrebbe utilizzare il dato profilato (l'identikit) di una persona per prendere una decisione automatica, ma questo non significa che la profilazione sia già di per sé una decisione automatica. Facciamo un semplice esempio: una società finanziaria potrebbe voler guardare al profilo (somma dei dati ottenuti dalla profilazione) relativo alla situazione economica di Mario Rossi per poi decidere se concedergli o meno un prestito. Qui abbiamo da una parte la "decisione", che consiste nel determinare se fare o meno il prestito; dall'altra il "profilo" dell'individuo, che è lo strumento, la base dati strutturata, che viene utilizzata per prendere la "decisione".
La profilazione precede, viene prima, sia temporalmente che logicamente, rispetto al processo decisionale. E' cosa altra rispetto al processo decisionale automatizzato, che è l'unico che vieta l'art. 22.
Ci aiuta a meglio comprendere questo fondamentale distinguo il considerando n. 71 del regolamento che dice:
"L'interessato dovrebbe avere il diritto di non essere sottoposto a una decisione [n.d.r.: ecco l'oggetto del divieto], che possa includere una misura, che valuti aspetti personali che lo riguardano, che sia basata [n.d.r.: ecco l' indicazione dello strumento utilizzato per prendere la decisione] unicamente su un trattamento automatizzato e che produca effetti giuridici che lo riguardano o incida in modo analogo significativamente sulla sua persona, quali il rifiuto automatico di una domanda di credito online o pratiche di assunzione elettronica senza interventi umani. Tale trattamento comprende la «profilazione».
Ancora una volta ecco allora chiara la distinzione tra "decisione" e "profilazione". La profilazione non è decisione. La profilazione è semplicemente una modalità di trattamento dei dati. "Tale trattamento comprende la profilazione" può essere parafrasato in "La profilazione deve essere considerata una modalità di trattamento dei dati".
[LA GENESI DELLA NORMA]
Sono due cose diverse.
L'impostazione restrittiva del Parlamento, dunque, non ha prevalso. E' rimasta lettera morta.
La versione finale del GDPR risulta, in definitiva, più vicina a quella che era stata la proposta iniziale della Commissione: non è la profilazione, di per sé, ad essere limitata, ma sono le decisioni automatiche basate sull'elaborazione automatizzata dei dati (compresa la profilazione) ad essere vietate.
Ancora non si fosse d'accordo, si consideri in aggiunta quanto segue.
Le decisioni automatizzate non sono in ogni caso tutte vietate. Lo sono solo quelle che producono "effetti legali [n.d.r.: producono una qualche modificazione rilevante nella sfera giuridica del soggetto]" o che hanno "effetti altrettanto significativi" sull'individuo. Ora, dal punto di vista legale, e per quel che a noi ora qui interessa, è molto difficile dimostrare che la profilazione nel contesto dei "consigli per gli acquisti", per dirla con nota espressione nostrana, possa avere un effetto "legale" o "significativo" sull'individuo profilato.
Si legga l'art. 21 del GDPR, che recita come segue:
L'interessato ha il diritto di opporsi in qualsiasi momento, per motivi connessi alla sua situazione particolare, al trattamento dei dati personali che lo riguardano ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, lettere e) [n.d.r. interesse pubblico] o f) [n.d.r. interessi legittimi], compresa la profilazione sulla base di tali disposizioni.
Leggendo a contrario la norma, si ricava facilmente che il GDPR non richiede l'esplicito consenso per tutte le profilazioni.
[CONCLUSIONI]
e tale decisione ha come conseguenza un effetto "legale" o comunque "significativo" sull'individuo (il considerando 71 del GDPR espone come esempi: "il rifiuto automatico di una domanda di credito online o pratiche di e-recruiting senza alcun intervento umano");
- viene condotta la profilazione utilizzando dati personali sensibili di una persona (come salute, razza, religione o altri);
In tutti gli altri casi, i responsabili del trattamento dei dati possono potenzialmente giustificare le loro attività di profilazione su basi che non poggiano sul consenso dell'utente profilato, come gli interessi legittimi di cui all'articolo 6, paragrafo 1, lettera f), del GDPR.
1) non essere riconosciuto un interesse non illecito (che equivale a dire "legittimo") del titolare di un sito internet che la pratica al fine di ottenere un giusto guadagno pubblicitario dalla sua attività di editore
2) vada ad intaccare i diritti e le libertà fondamentali (fondamentali) dell'interessato.
Vengo "disturbato", ma almeno c'è il caso che mi venga segnalato un prodotto o un servizio di cui ho realmente bisogno.
[per info o approfondimenti info@brocardi.it]