La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9400 del 1 marzo 2018, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Il caso sottoposto all’esame della Cassazione ha visto come protagonista un soggetto, che era stato condannato, sia in primo che in secondo grado, per il reato di cui all’art. 1 della legge n. 96 del 2008, in quanto il medesima aveva introdotto “nella cabina elettorale il proprio telefono cellulare scattando una fotografia alla scheda elettorale che aveva appena compilato”.
Ritenendo la decisione ingiusta, l’imputato aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Secondo il ricorrente, in particolare, il reato oggetto di contestazione non poteva dirsi perfezionato in quanto, nel caso di specie, il Presidente del seggio non avrebbe invitato l’elettore “a depositare le apparecchiature prima di entrare in cabina”.
Il ricorrente riteneva, inoltre, che la Corte d’appello avrebbe erroneamente escluso l’applicabilità dell’art. 131 bis bis c.p. (causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto), dal momento che il comportamento era stato del tutto occasionale e “l’omissione dell’invito da parte del presidente aveva certamente diminuito il coefficiente psicologico del fatto e, quindi, la sua gravità”.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter aderire alle considerazioni svolte dall’imputato, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.
Rilevava la Cassazione, in proposito, che, dall’interpretazione letterale dell’art. 1 della legge n. 96 del 2008, doveva ritenersi che la condotta costituente reato fosse esclusivamente quella descritta nel primo comma, vale a dire “l’introduzione nella cabina elettorale di strumenti atti a fotografare l’espressione del voto”.
Il secondo e terzo comma, infatti, “dettano solo le condotte di cui il presidente del seggio è onerato” ma la cui inosservanza “è priva di conseguenze penali per il medesimo”.
Di conseguenza, secondo la Corte, “tali ulteriori condotte, ed in particolare l’invito del presidente all’elettore a depositare le apparecchiature di registrazione, previsto dal comma secondo, non costituiscono alcuna condizione di procedibilità o di punibilità della condotta descritta al primo comma”.
Secondo la Cassazione, dunque, la decisione della Corte d’appello doveva ritenersi pienamente corretta, essendo “emerso che il ricorrente aveva, comunque, violato il divieto posto dalla norma penale, introducendo il proprio telefono cellulare nella cabina elettorale”, il che giustificava, altresì, “la conclusione a cui erano pervenuti i giudici del merito sulla particolare gravità della condotta posta in essere dal Be., al fine di negare la speciale formula di proscioglimento prevista dall’art. 131 bis cod. pen.”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dall’imputato, confermando integralmente la sentenza impugnata e condannando il ricorrente anche al pagamento delle spese processuali.