La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30075 del 14 dicembre 2017, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Nel caso esaminato dalla Cassazione, il Tribunale di Catanzaro, in riforma della sentenza di primo grado, aveva rigettato la domanda proposta da un soggetto nei confronti di una compagnia assicurativa, volta ad ottenere il risarcimento del danno subito a seguito delle lesioni patite “a causa della caduta sul ginocchio di una motocicletta, di proprietà della moglie”.
Nello specifico, la caduta della moto era avvenuta mentre il danneggiato la stava mettendo sul cavalletto per effettuare un parcheggio.
Ritenendo la decisione ingiusta, il danneggiato aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Secondo il danneggiato, in particolare, il Tribunale non avrebbe dato corretta applicazione all’art. 2054 c.c., dal momento che ““l’assicurazione R.C.A. ha una copertura ampia che si estende a coprire tutti gli usi in linea con la funzione del veicolo stesso”.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione al danneggiato, rigettando il relativo ricorso.
Osservava la Cassazione, infatti, che il giudice di secondo grado aveva evidenziato che il danneggiato era risultato essere “l’unico responsabile delle lesioni personali subite, poiché egli stesso aveva riconosciuto, con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado, che mentre stava parcheggiando la motocicletta di proprietà della moglie, la stessa gli rovinava addosso, cadendogli dal cavalletto”.
Di conseguenza, secondo la Cassazione, non sussisteva, nel caso di specie, “una ipotesi di responsabilità di terzi per il danno occorso”.
La Corte di Cassazione evidenziava, inoltre, che, “ai fini dell’applicabilità delle norme sull’assicurazione obbligatoria della R.C.A., la sosta può essere equiparata alla circolazione” solo se il sinistro sia ricollegabile alla circolazione stessa “e non ad una causa autonoma – ivi compreso il fortuito – di per sé sufficiente a determinarlo”.
Ebbene, nel caso di specie, secondo la Cassazione, il giudice d’appello aveva, del tutto correttamente, escluso “l’applicabilità delle norme sull’assicurazione obbligatoria individuando la causa del danno nella manovra di parcheggio sul cavalletto eseguita dallo stesso ricorrente”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dal danneggiato, confermando integralmente la sentenza impugnata e condannando il ricorrente anche al pagamento delle spese processuali.