In particolare, il Supremo Consesso ha riaffermato la possibilità per i singoli condomini di impugnare le delibere condominiali non solo per vizio di annullabilità, bensì anche per nullità.
La necessità di affermare suddetto principio giuridico si rinveniva nel testo di cui all’art. 1137 del c.c., concernente l’impugnazione delle delibere assembleari condominiali, il quale ai primi due commi statuisce che: “Le deliberazioni prese dall'assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini. Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l'autorità giudiziaria chiedendone l'annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti”.
La legge, in via diretta, afferma dunque la possibilità di impugnare le delibere assembleari condominiali attraverso lo strumento dell’azione di annullamento: tuttavia, nulla è ex lege statuito circa la possibilità di impugnare le delibere assembleari attraverso l’azione di nullità (la disciplina della nullità è espunta dal codice civile, così come riformato nel 2012). Così che, suddetta lacuna legislativa ha generato la necessità di determinare in via giurisprudenziale la possibilità, o meno, di ricorrere avverso le delibere condominiali, in quanto nulle.
La differenza tra i regimi dell’annullabilità e della nullità non è di poco conto, considerando che: nel primo caso (annullabilità), la delibera condominiale è valida ed efficace sino a che non viene impugnata; ed inoltre, qualora non viene tempestivamente impugnata, questa è da considerarsi valida ed efficace, e pertanto vincolante tra i singoli condomini. In caso di nullità, invece, la delibera condominiale sarebbe da considerarsi invalida ab origine, e pertanto non avrebbe mai la forza di produrre effetti all’interno dell’ordinamento giuridico: di tal guisa, la delibera condominiale nulla non avrebbe mai la forza di vincolare i soggetti condomini, essendo le sue statuizioni contrarie a diritto.
La giurisprudenza di legittimità, risolvendo un annoso contrasto interpretativo, ha riconosciuto la possibilità di impugnare le delibere assembleari in quanto nulle ab origine, e non solo in caso di loro annullabilità. In particolare, all’interno della pronunzia del 2021, la Corte di Cassazione precisava che la mancata disciplina della nullità delle delibere assembleari da parte del legislatore era dovuta non da una lacuna volontaria (idonea, pertanto, ad escludere la sanzione della nullità delle delibere), ovvero involontaria (tale da legittimare l’eventuale ricorso all’analogia iuris), bensì dal fatto che il codice civile già prevede e disciplina la patologia della nullità in via generale, e questa era da applicarsi, in toto, anche in materia di delibere assembleari.
La categoria della nullità ha, difatti, carattere generale, e va applicata e riconosciuta a prescindere dal suo riconoscimento settoriale all’interno di articoli ad hoc del codice civile. Così che, oltre alle ipotesi di annullabilità previste art. 1137 del c.c., la delibera condominiale può essere soggetta alla sanzione della nullità in caso di vizi radicali, tali da “privare la deliberazione di cittadinanza nel modo giuridico”.
Così che, secondo il Supremo Consesso nomofilattico delle Sezioni Unite, la delibera condominiale può essere nulla per impossibilità dell’oggetto (art. 1346 del c.c.), illiceità della causa (art. 1343 del c.c., ovvero contrarietà a norma imperativa (art. 1418 del c.c.). I casi di nullità della delibera assembleare non sono, dunque, relativi alla nullità testuale, bensì a quella strutturale, ovvero virtuale.
Quanto alla nullità per impossibilità dell’oggetto, essa è da intendersi sia come impossibilità materiale, che giuridica.
L’impossibilità dell’oggetto è materiale qualora sia impossibile dare esecuzione ed attuazione materiale a quanto dai condomini deliberato; l'impossibilità è, invece, giuridica qualora la deliberazione assembleare non riguarda beni ed oggetti comuni (ossia, appartenenti al condominio), bensì individuali (ossia, di ciascun condomino); ovvero, qualora abbia ad oggetto finalità extracondominiali: in tal caso, la nullità è da vedersi nella mancanza di titolarità della deliberazione da parte dell’assetto condominiale.
La nullità della delibera condominiale è strutturale qualora la causa della deliberazione sia illecita (1343cc): in tali casi, sebbene la materia di intervento condominiale sia pertinente al contenuto del regolamento dei condomini, essa è nullità in quanto la sua causa in concreto è illecita (si pensi, ad esempio, ad una delibera condominiale che autorizza all’interno dello spazio comune spettacoli pedo pornografici).
La nullità della deliberà è, invece, virtuale qualora questa sia contraria a norma imperativa, e non dispositiva: le norme imperative, difatti, sono poste a tutela di interessi generali, e come tali non sono soggette alla libera disponibilità delle parti (art. 1322 del c.c..).