La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16835 del 7 luglio 2017, si è occupata proprio di un caso di questo tipo, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Nel caso esaminato dalla Cassazione un lavoratore aveva agito in giudizio nei confronti dell’INAIL, al fine di ottenere l’indennizzo per un infortunio subito a seguito di una caduta dal motorino, avvenuta mentre stava rientrando a casa dal posto di lavoro.
Il Tribunale aveva rigettato la domanda del lavoratore e la sentenza era stata confermata dalla Corte d’appello, in quanto il lavoratore non avrebbe dimostrato di aver dovuto necessariamente utilizzare un mezzo privato per recarsi al lavoro.
Ritenendo la decisione ingiusta, il lavoratore aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione al ricorrente, e rigettava il relativo ricorso, in quanto infondato.
Osservava la Cassazione, in proposito, che la Corte d’appello aveva evidenziato come il lavoratore non avesse provato né “la totale carenza all’epoca di idonei mezzi di trasporto pubblico”, né “la sussistenza delle allegate esigenze che avrebbero imposto l’uso del motociclo”.
Il lavoratore, inoltre, secondo la Corte, non aveva nemmeno dimostrato eventuali “specifiche necessità domestiche o familiari” che avessero imposto “un sollecito rientro a casa”.
Evidenziava la Cassazione, sul punto, che l’art. 12 del decreto legislativo n. 38 del 2000 prevede che “l’assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purché necessitato” e che, dunque, nel caso in esame, la Corte d’appello aveva del tutto correttamente escluso l’indennizzo, dal momento che “l’uso del mezzo proprio (senza altra connessione funzionale con l’attività lavorativa assicurata) non è di ostacolo all’indennizzabilità” solo a condizione che “l’uso sia “necessitato” ovvero che non sussista altra agevole e meno rischiosa soluzione (in particolare attraverso l’utilizzo di mezzi pubblici che comporta un minore grado di esposizione al rischio della strada)”.
Secondo la Cassazione, infatti, il lavoratore in questione, che era anche di giovane età e non aveva particolari esigenze di natura familiare, avrebbe ben potuto “coprire il tragitto dall’abitazione al luogo di lavoro agevolmente, sia all’andata che al ritorno, in parte mediante l’uso di un frequente mezzo pubblico ed in parte, per circa un km., a piedi”.
Ciò considerato, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dal lavoratore, confermando integralmente la sentenza impugnata ma compensando tra le parti le spese processuali, vista la particolarità della vicenda.