Nel caso esaminato dal Tribunale, il gestore di un bar era stato accusato di disturbare il riposo degli abitanti del residence in cui si trovava il bar in questione, “tenendo anche a tarda notte il volume della musica eccessivamente alto e non intervenendo in alcun modo nei confronti degli schiamazzi degli avventori”.
Nel corso del procedimento veniva sentito come testimone il Maresciallo dei Carabinieri che era stato chiamato ad intervenire in alcune occasioni, il quale, tuttavia, riferiva, che, in occasione di tali interventi, dal locale non proveniva alcun rumore, avendo solo riscontrato la presenza di un soggetto in auto davanti al bar, con musica ad alto volume.
I Carabinieri, dunque, avevano proceduto ad annotare la segnalazione, dando atto “che la musica all'interno del bar era di volume accettabile, mentre vi era qualche avventore che chiacchierava all'esterno”.
Il Tribunale, pronunciandosi nel merito della questione, osservava che “l'attività di un bar regolarmente autorizzato dall'autorità amministrativa a rimanere aperto fino a tarda notte ed all'uso di strumenti musicali e di diffusione sonora, va classificata come esercizio di un "mestiere rumoroso", in quanto l'uso di tali strumenti è strettamente connesso e necessario all'esercizio dell'attività autorizzata, con la conseguenza che il superamento, mediante gli strumenti stessi, dei limiti massimi o differenziali di emissione del rumore integra l'illecito ammininistrativo di cui all'art. 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995, n. 447” (legge in materia di inquinamento acustico).
Di conseguenza, secondo il Tribunale, “la condotta consistente nel superamento dei limiti di accettabilità di emissioni sonore derivanti dall'esercizio di professioni o mestieri rumorosi non assumerebbe valenza penale ex art. 659 c.p., comma 2, ma ha natura di illecito amministrativo esplicitamente previsto dalla ricordata L. n. 447 del 1995, art. 10, comma 2”.
Il Tribunale precisava, poi, che “l'inquinamento acustico intanto può integrare il reato di cui all'art.659 co. 1 c.p. in quanto sia concretamente idoneo a recare disturbo al riposo e alle occupazioni di una pluralità indeterminata di persone, ancorché non tutte siano state poi in concreto disturbate”, dal momento che “l'interesse tutelato dal legislatore (…) è la pubblica quiete e non quella privata”.
Nel caso di specie, dunque, il reato di cui al’art. 659 c.p. non poteva dirsi sussistente, in quanto non vi era prova che “la musica fosse tale da arrecare disturbo alla quiete pubblica” e non vi era nemmeno prova che, per quanto riguarda i presunti schiamazzi dei clienti del bar, il gestore non avesse esercitato il potere di controllo che gli spetta.
Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale di Vicenza assolveva il gestore del bar “perché il fatto non sussiste”.