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Multa da poliziotto "in borghese"

Multa da poliziotto "in borghese"
Illegittima la multa comminata da un agente “in borghese” e al di fuori del Comune in cui presta servizio.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5771 del 3 marzo 2008, ha fornito alcune interessanti precisazioni in ordine alle multe comminate da un agente della Polizia Municipale “in borghese”.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, la proprietaria di un’autovettura aveva impugnato il verbale di contestazione redatto dai Vigili per violazione dell’art. 158 codice della strada, eccependo “che l’infrazione non era stata immediatamente contestata e che l’agente accertatore si trovava a bordo della propria autovettura in abiti borghesi”.

Il giudice di pace, pronunciatosi in primo grado, accoglieva l’opposizione proposta dalla proprietaria, osservando che, ai sensi dell’art. 183 del regolamento esecutivo del codice della strada, “gli agenti preposti alla regolazione del traffico e gli organi di polizia stradale di cui all’art. 12 del codice citato, quando operano sulla strada devono essere visibili a distanza mediante l’uso di appositi capi di vestiario o dell’uniforme”.

Evidenziava il giudice, inoltre, “ai sensi della L. n. 65 del 1986, art. 1, i Comuni sono obbligati ad adottare un regolamento comunale del servizio di polizia municipale che deve contenere disposizioni intese a stabilire che le attività vengano svolte in uniforme o in abito civile solo se necessario per l’espletamento del servizio e previa autorizzazione”.

Nel caso di specie, invece, “la contravvenzione era stata accertata da un agente in abiti civili, fuori dal servizio di vigilanza e che si trovava a bordo della propria autovettura”, con la conseguenza che “la contravvenzione era stata elevata in violazione delle citate norme per cui doveva ritenersi illegittima”.

La sentenza di primo grado veniva impugnata in Cassazione da parte del Comune, il quale denunciava che “l’utilizzo dell’uniforme da parte degli agenti e degli organi di polizia stradale di cui all’art. 12 C.d.S. è richiesto solo durante lo svolgimento delle operazioni e dei servizi previsti dall’art. 11 C.d.S.”.

Nel caso in esame, invece, “al momento della contestazione in questione l’agente accertatore e verbalizzante si trovava a bordo della propria autovettura e non era impegnato nella regolamentazione del traffico per cui è del tutto insussistente l’asserita violazione del citato art. 183 reg. esec. C.d.S.”.

Osservava il Comune, in particolare, che “gli agenti di polizia municipale sono quindi sempre in servizio senza limiti di tempo quando svolgono le indicate altre funzioni indipendentemente dal fatto che indossino o meno l’uniforme”, con la conseguenza che “al momento dell’accertamento dell’infrazione in questione l’agente era legittimato alla redazione del verbale opposto in quanto rivestiva la qualifica di agente di polizia stradale e non aveva l’obbligo di indossare la divisa”.

La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter aderire alle argomentazioni svolte dal Comune ricorrente, in quanto infondate.

Secondo la Cassazione, infatti, “gli agenti ed ufficiali di polizia municipale, pertanto, in conformità della regola generale stabilita dalla L. n. 689 del 1981, art. 13, in tema di accertamento delle sanzioni amministrative pecuniarie, in quanto organi di polizia giudiziaria con competenza estesa all’intero territorio comunale, hanno il potere di accertare le violazioni in materia di circolazione stradale punite con sanzioni amministrative pecuniarie in tutto tale territorio”.

Aggiungeva la Corte, inoltre, che “gli appartenenti alla Polizia Municipale, ai sensi dell’art. 57 cod. proc. civ., hanno la qualifica di agenti di polizia giudiziaria soltanto nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza e limitatamente al tempo in cui sono in servizio e ciò a differenza di altri corpi (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza, ecc.) i cui appartenenti operano su tutto il territorio nazionale e sono sempre in servizio”.

Nel caso di specie, in particolare, il verbale di contestazione era stato redatto da un agente della polizia municipale “in abiti civili e fuori dal servizio di vigilanza che si trovava a bordo della propria autovettura nel flusso del traffico”.

Secondo la Cassazione, dunque, “l’agente di polizia municipale nel momento dell’accertamento dell’infrazione contestata alla S. non rivestiva la qualifica di agente della P.G., come invece sostenuto dal Comune

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dal Comune, confermando la sentenza emanata dal Giudice di Pace.


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