La Corte di Cassazione Penale, con la sentenza n. 50755 del 30 novembre 2016, ha fornito alcune interessanti precisazioni in tema di “violenza sessuale”, reato previsto e disciplinato dall’art. 609 bis cod. pen.
Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d'Appello di Cagliari, aveva confermato la sentenza di primo grado che aveva condannato un imputato per tale reato.
In particolare, l’imputato era un medico, il quale era stato condannato per aver “costretto più donne a subire atti sessuali consistiti, tra l'altro, nel palpeggiamento e nello strusciamento del proprio organo sessuale sul fondoschiena delle stesse”.
Ritenendo la sentenza ingiusta, il medico proponeva ricorso per Cassazione, evidenziando come il Giudice avesse errato nel ritenere configurato il reato, da momento che era mancato il “requisito della direzione non equivoca degli atti”, in quanto i comportamenti posti in essere rientravano “eventualmente negli atti preparatori irrilevanti sotto il profilo penale”.
La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover aderire alle argomentazioni svolte dal ricorrente.
Evidenziava la Cassazione, infatti, come fosse stato accertato che, in alcune occasioni l'imputato si era “limitato all'atto preliminare del massaggio in zone non erogene come le tempie, il collo, le braccia o la schiena delle donne senza riuscire ad attingere in alcun modo zone invece erogene”.
Secondo la Cassazione, dunque, il giudice di secondo grado aveva errato nel desumere “la idoneità ed univocità degli atti (…) non dalla natura o dalla direzione degli stessi (…), ma dal fatto che, ove il massaggio non si fosse interrotto, certamente lo stesso sarebbe proseguito con le modalità più volte poste in essere in altre analoghe occasioni dall'imputato”.
Di conseguenza, come evidenziato dal ricorrente, “i requisiti necessari per la configurabilità del tentativo non sono stati tratti, come necessario, dalla valutazione della oggettiva condotta in sé considerata, ma da altri fatti dei tutto distinti da quello”.
Del resto, osservava la Cassazione, “il fatto che in tutte le restanti occasioni l'imputato abbia attuato simili condotte non prova, da un punto di vista strettamente logico, che (…) il fatto avrebbe dovuto ineluttabilmente degenerare in tal senso, solo in tal caso, infatti, potendo configurarsi l'idoneità ed univocità del massaggio a porre in essere un atto di carattere sessuale”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione annullava la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte d’appello, affinchè la medesima decidesse nuovamente sulla questione, in base ai principi sopra enunciati.
Non commette violenza sessuale il medico che si limita a massaggiare le pazienti