Quand’è che un marchio può dirsi validamente registrato?
In particolare, è valido ed efficace un marchio che rimandi ad una denominazione divenuta di uso comune per descrivere un determinato prodotto?
Il Tribunale di Torino, con la sentenza n. 3882 del 22 luglio 2017, si è occupato proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Nel caso esaminato una società che si occupava di commercializzazione di pellet aveva agito in giudizio nei confronti di altre due società, operanti nel medesimo settore, evidenziando che le stesse avevano contraffatto dei marchi dalla stessa registrati.
Nello specifico, la società rilevava che le convenute commercializzavano dei pellet utilizzando una denominazione identica a quella dalla stessa registrata come marchio.
Di conseguenza, la società attrice riteneva che tale comportamento integrasse un’ipotesi di “contraffazione di marchio”, in quanto era idoneo ad indurre il consumatore a credere che il pellet commercializzato dalle convenute avesse le medesime caratteristiche di quello commercializzato dalla società attrice.
Le convenute in giudizio avevano contestato le domande proposte nei loro confronti, evidenziando che il marchio oggetto di contestazione doveva considerarsi nullo, in quanto costituito da una denominazione del tutto generica e utilizzata nel linguaggio comune per descrivere i prodotti ad essa associati.
Il Tribunale di Torino riteneva, in effetti, di dover dar ragione alle società convenute in giudizio, rigettando le domande della società attrice, in quanto infondata.
Osservava il Tribunale, infatti, che il marchio in questione doveva considerarsi nullo, dal momento che lo stesso utilizzava una denominazione che non aveva carattere distintivo e che era utilizzata nel linguaggio comune per identificare quel tipo di prodotti.
Di conseguenza, il marchio in questione, non avendo capacità distintiva, non poteva essere oggetto di illegittima appropriazione.
Inoltre, il Tribunale, evidenziava che anche la Corte di Giustizia, nel decidere la causa C215/14, ha precisato che chi richiede la registrazione di un marchio “deve fornire la prova che gli ambienti interessati percepiscono il prodotto eventualmente presente, come proveniente da una determinata impresa”.
Nel caso di specie, invece, la società attrice non aveva fornito tale prova, così come non aveva fornito alcun elemento che dimostrasse la capacità distintiva del marchio oggetto di contestazione.
Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale di Torino dichiarava la nullità dei marchi oggetto di causa, ai sensi dell’art. 13, primo comma, lettera a) del Codice della Proprietà Industriale, in quanto privi della necessaria capacità distintiva.