L’importo dell’assegno di
mantenimento per i
figli, stabilito in sede di separazione o divorzio, può essere soggetto a modifiche nel corso del tempo.
Cosa accade, in particolare, se l’assegno viene ridotto?
Il genitore che ha versato nel passato una somma maggiore può chiedere la restituzione della differenza?
Di un caso simile si è occupata la
Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, con la recente ordinanza n.
10974/2023.
La pronuncia della Cassazione prende le mosse dal ricorso proposto da un uomo contro il provvedimento della Corte di Appello, che aveva rigettato la sua richiesta di restituzione della differenza tra l’importo in precedenza pagato a titolo di mantenimento della prole e quello risultante in conseguenza della riduzione dell’assegno stesso.
La Corte di Cassazione, nel motivare la propria decisione, riassume i principi già espressi sull’argomento.
Innanzitutto, ricorda la Suprema Corte, il provvedimento che stabilisce l’assegno di mantenimento in favore dei figli conserva la propria efficacia finché non intervenga la sua modifica.
A tal fine quindi è irrilevante il momento in cui, di fatto, sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dell'assegno.
Ne deriva che - secondo la Cassazione, che cita numerosi propri precedenti sul tema - in mancanza di specifiche disposizioni, gli effetti della decisione del giudice che modifica l’importo dell’assegno o addirittura lo sopprime non possono decorrere dall’evento che ha dato luogo alla modifica stessa e che sia anteriore alla domanda di revisione.
Infatti, aggiunge la Suprema Corte, l’obbligo di mantenere i figli è direttamente connesso con lo status di genitore, e il diritto/dovere al pagamento dell’assegno sussiste finché non intervenga la modifica del provvedimento.
Pertanto resta ininfluente il momento in cui sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dell'assegno: gli effetti della revisione decorrono dalla data della domanda di modificazione.
Tra i numerosi precedenti giurisprudenziali citati nella pronuncia che stiamo esaminando, vi è anche una decisione delle
Sezioni Unite, la n. 32914/2022, che stabilisce i criteri da seguire nel caso in cui venga disposta la modifica delle condizioni economiche della separazione o del divorzio, sulla base non di fatti sopravvenuti ma di una diversa valutazione dei fatti già posti alla base della precedente previsione dell’assegno di mantenimento.
Tornando al caso oggetto della pronuncia di cui ci stiamo occupando, la Cassazione ha affermato in particolare la “
natura para-alimentare” dell’assegno di mantenimento per i figli minorenni o maggiorenni non autosufficienti, nel senso che tale contributo ha la funzione di soddisfare i
bisogni di vita del figlio (anche se non presuppone lo stato di bisogno come accade, invece, per gli
alimenti).
Dunque, la Suprema Corte ha ribadito che, se viene ridotto l'assegno di mantenimento del figlio a carico del genitore, e se la riduzione avviene sulla base di una diversa valutazione, per il passato (e non quindi alla luce di fatti sopravvenuti), dei fatti già posti a base dei provvedimenti provvisori adottati, è esclusa la possibilità di chiedere la restituzione di quanto finora pagato in eccedenza.
Tale principio invece non opera nel caso in cui venga accertato che fin dall’origine non sussistevano i presupposti per il pagamento dell’assegno. Anche in questo caso però la riduzione o la revoca dell’assegno decorrono pur sempre dalla data della domanda di revisione (o da un momento successivo, ma ciò richiede apposita motivazione).
La Corte ha quindi respinto il ricorso.