La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8108 del 20 febbraio 2018, ha avuto modo di fornire alcune interessanti precisazioni in merito al reato di “manifestazioni fasciste”, di cui all’art. 5 della legge n. 645 del 1952.
In particolare, commette reato chi, in occasione di una manifestazione pubblica, compie il c.d. “saluto fascista”?
Il caso sottoposto all’esame della Cassazione ha visto come protagonisti due soggetti, che erano stati accusati del succitato reato per avere – in occasione di una manifestazione politica commemorativa – compiuto “manifestazioni usuali” del disciolto partito fascista, “quali la ‘chiamata del presente’, il cd. ‘saluto romano’, l'esposizione di uno striscione inneggiante ai camerati caduti e di numerose bandiere con croci celtiche”.
Gli imputati erano stati assolti sia in primo che in secondo grado, con la conseguenza che il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Milano, aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, “lamentando errata interpretazione ed applicazione della legge penale”.
Osservava il Procuratore ricorrente, in particolare, il comportamento degli imputati dimostrava inequivocabilmente la precisa volontà degli stessi “di pubblicizzare l'ideologia in questione con effetto oltremodo diffusivo in pubblico”.
Secondo il ricorrente, peraltro, doveva escludersi che “all'indiscusso intento commemorativo della manifestazione non fosse affiancato il fine del proselitismo”.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter aderire alle considerazioni svolte dal Procuratore, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.
Osservava la Cassazione, in proposito, che la Corte d’appello era, del tutto correttamente, giunta alla conclusione di assolvere gli imputati, in quanto la fattispecie penale oggetto di contestazione non colpisce tutte le manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ma solo quelle “che possono determinare il pericolo di ricostituzione di organizzazioni fasciste in relazione al momento e all'ambiente in cui sono compiute”.
Ebbene, nel caso di specie, secondo la Cassazione, benchè fosse “incontestato che gli odierni imputati avessero preso parte ad una manifestazione pubblica in questione compiendo i contestati gesti usuali del disciolto partito”, doveva ritenersi che tali condotte “non realizzassero il pericolo sopra enunciato” e non integrassero, dunque, il reato di cui all’art. 5 della legge n. 645 del 1952.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dal Procuratore, confermando integralmente la sentenza oggetto di impugnazione.
Costituisce reato solo il compimento di manifestazioni usuali del disciolto partito fascista che possono determinare l'effettivo pericolo di ricostituzione di organizzazioni fasciste.