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Limiti alla clausola penale per i mediatori immobiliari

Limiti alla clausola penale per i mediatori immobiliari
Nella mediazione immobiliare si considera vessatoria la clausola penale di importo simile alla provvigione stabilita a favore dell'agenzia immobiliare in caso di recesso anticipato.
Il Tribunale Roma, con la sentenza n. 10118 del 19 maggio 2016, ha fornito alcune interessanti precisazioni in tema di mediazione immobiliare (art. 1754 codice civile) e di clausole vessatorie (artt. 34 e seguenti Codice del Consumo).

Come noto, infatti, laddove si volesse procedere alla vendita di un immobile, è possibile affidare ad un mediatore l’incarico di trovare acquirenti interessati. Tale mediatore, poi, fungendo la intermediario, avrà diritto ad una provvigione se il contratto di compravendita viene concluso per effetto del suo intervento.

Nel caso esaminato dal Tribunale, una signora aveva conferito ad un’agenzia immobiliare l’incarico di mediazione, al fine di promuovere la compravendita di un immobile di sua proprietà, impegnandosi a riconoscere una provvigione pari all’1% del prezzo della vendita.

Nel contratto di conferimento dell’incarico, inoltre, era prevista per entrambe le parti la facoltà di recedere dall’accordo, dando un preavviso di 10 giorni e dietro versamento di una somma a titolo di penale, che oscillava tra l’80% e il 90% della provvigione, a seconda che il recesso fosse esercitato entro od oltre il trentesimo giorno successivo alla sottoscrizione della mediazione.

La venditrice decideva, poi, di recedere dall’incarico di mediazione sostenendo che la proposta di acquisto, trovata dal mediatore, non era andata a buon fine e pertanto nulla gli era dovuto.

Di conseguenza, l’agenzia immobiliare agiva in giudizio, al fine di vedere la signora condannata al pagamento del corrispettivo pattuito per l’ipotesi di recesso anticipato.

La signora, tuttavia, si difendeva affermando che quella clausola doveva considerarsi vessatoria.

In subordine, l’agenzia immobiliare rilevava come, in ogni caso, tale clausola aveva la natura di “clausola penale”, il cui importo, pertanto, avrebbe dovuto essere ricondotto ad equità, come previsto dall’art. 1384 codice civile.

Il Tribunale riteneva, in effetti, di dover aderire alle argomentazioni svolte dalla convenuta, ritenendo la clausola relativa al recesso anticipato come “vessatoria”.

Secondo il Tribunale, infatti, tale clausola “determina un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, prevedendo un medesimo compenso per il mediatore sia nel caso che il contratto fosse concluso che in caso di recesso anticipato”.

Osservava il giudice, in proposito, che, se chi conferisce l’incarico, decide di recedere, anche ingiustificatamente, dal medesimo, “la previsione dell’obbligo di corrispondere comunque un compenso all’intermediario può avere causa nella remunerazione dell’attività da quello posta in essere nella ricerca di un interessato”.

Se, invece, come nel caso di specie, il compenso viene previsto “in misura identica (o vicina) a quella stabilita per l’ipotesi di conclusione dell’affare, si verifica uno squilibrio fra i diritti e gli obblighi delle parti (…), giacchè solo con la conclusione dell’affare il preponente realizza il suo interesse e poiché il rifiuto da parte sua di concluderlo non integra comunque un inadempimento”.

Nel caso di specie, invece, “il corrispettivo per l’ipotesi di recesso è stato commisurato ad una misura prossima alla provvigione” e, pertanto, la clausola non poteva che considerarsi vessatoria, dal momento che lo squilibrio delle prestazioni era collegato al fatto che il diritto al compenso per il caso di recesso anticipato era fissato in misura indipendente dal tempo per il quale l’attività del mediatore si era protratta prima del recesso da parte del preponente.

Di conseguenza, non essendo stato provato che la clausola in questione fosse stata oggetto di una specifica trattativa tra le parti in causa, come previsto, ai fini dell’efficacia della clausola vessatoria, dall’art. 34 del Codice del Consumo, la clausola doveva dichiararsi nulla (art. 36 Codice del Consumo).


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