Tra i vantaggi più noti e diffusi, riconosciuti dal testo normativo, abbiamo i permessi retribuiti, ossia i cc.dd. permessi di cui all'art. 33 della legge 104. Il datore di lavoro concede ai dipendenti disabili e ai loro familiari la possibilità di assentarsi, fino a tre giorni al mese, per motivi legati – rispettivamente - alla cura della propria salute oppure all'accudimento di un invalido con handicap in situazione di gravità.
Attenzione, però: il dipendente che abusa del diritto al permesso legge 104 rischia una sanzione disciplinare proporzionata all'entità dell'abuso, con il rischio concreto di essere licenziato per giusta causa. D'altronde il permesso retribuito è accordato proprio per fronteggiare le necessità di una persona non autosufficiente e, conseguentemente, chi ne beneficia non può sfruttare la "finestra" giornaliera di tempo per svolgere attività che nulla hanno a che fare con l'assistenza del familiare.
La giurisprudenza ha spesso affrontato questi temi, rimarcando che integra una violazione dell'art. 33 legge 104 la condotta di chi, avvalendosi del permesso, usa le ore libere, ad esempio, per fare sport, per dedicarsi ad attività ludiche o per fare un viaggio di piacere.
Ciò non significa - si badi - che, durante il permesso, ogni minuto della giornata debba essere speso all'interno dell'abitazione del familiare invalido, per fornirgli assistenza nei comuni gesti quotidiani. L'agevolazione mira, infatti, alla cura di quest'ultimo anche tramite attività che – indirettamente - possano essergli di giovamento.
In un'ordinanza di quest'anno – la n. 11999 - la Cassazione ha ribadito il consolidato indirizzo e, confermando un licenziamento disciplinare inflitto per abuso dei permessi retribuiti in oggetto, ha ricordato che:
- ricade sul lavoratore la prova di aver svolto la prestazione di assistenza, in luogo diverso da quello della residenza della persona protetta (Cassazione n. 30462/2023);
- il comportamento del lavoratore che sfrutti il beneficio soltanto per proprie esigenze determina l'abuso del diritto e viola i principi di correttezza e buona fede, sia nei confronti del datore di lavoro che dell'Inps.
La Cassazione ha perciò specificato che - qualora manchi del tutto il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza all'invalido - il dipendente sarà responsabile per l'abuso del diritto al permesso 104, mettendo a rischio il suo posto di lavoro. In altre parole, le assenze dal luogo in cui si trova il familiare accudito dovranno essere pienamente funzionali alla sua cura e dovranno essere mirate, ad esempio, all'acquisto di generi alimentari per la persona assistita o di farmaci e medicine necessari ai suoi problemi di salute.
Niente vieta all'azienda di controllare se, in concreto, il dipendente abbia sfruttato i permessi 104 per le finalità di legge, servendosi eventualmente di un investigatore privato. Ma, in caso di contestazione e di disputa giudiziaria, il beneficiario delle agevolazioni potrà difendersi, dimostrando che non era con il disabile in una certa fascia oraria, perché stava compiendo attività comunque collegate alle necessità dell'assistito.
Ecco perché è opportuno custodire gli scontrini e le ricevute, che certificano i pagamenti in un supermercato, negozio o farmacia: essi costituiranno prova di un allontanamento dalla residenza del disabile, per far fronte a sue urgenti esigenze (alimentazione e somministrazione medicine). In sostanza, esibirli in corso di causa consentirà di salvare il posto.