Negli ultimi tempi, al fine dell'acquisto della prima casa, sta prendendo sempre più piede una forma di finanziamento alternativa al mutuo. Si tratta del contratto di leasing immobiliare.
Il contratto di leasing immobiliare è un contratto in base al quale la banca o un altro intermediario finanziario si obbliga ad acquistare o a far costruire un immobile scelto dall’utilizzatore, secondo le istruzioni dello stesso, e che l’utilizzatore potrà usare per un certo tempo, dietro pagamento di un canone periodico e con la possibilità, al termine del contratto di
(I) riscattare l’immobile (e, dunque, acquistarne la proprietà) mediante il pagamento di una certa somma che andrà ad aggiungersi ai canoni già pagati
(II) rinnovare il contratto per un altro periodo di tempo o
(III) recedere dal contratto e rilasciare l’immobile alla banca o all'istituto di leasing.
La Legge di stabilità n. 208 del 2015 è intervenuta in materia di contratti di leasing immobiliare, prevedendo, tra le altre cose, la possibilità per l’utilizzatore, che per motivi di lavoro non sia più in grado di far fronte all’obbligo di pagamento dei canoni di leasing, di ottenere la sospensione del piano di pagamento stabilito dalla banca, a causa delle difficoltà di natura economica che si siano presentate.
Ciò sta a significare che, se ci sono i presupposti, l’utilizzatore potrà chiedere alla banca di sospendere il pagamento dei canoni di leasing, anche se solo per una volta e per un periodo massimo di 12 mesi.
Di conseguenza, la durata del contratto verrà prorogata per un periodo pari alla durata del periodo di di sospensione, senza che però possano essere applicate commissioni e senza che la banca possa richiedere delle ulteriori forme di garanzia.
Ci sono, comunque, dei presupposti che sono necessari al fine di poter richiedere la sospensione del pagamento dei canoni di leasing.
In particolare, è necessario che
(I) sia cessato il rapporto di lavoro subordinato (tuttavia, la sospensione non verrà concessa se il rapporto di lavoro sia venuto meno per consenso di entrambe le parti, per il raggiungimento del limite di età, per giusta causa, per giustificato motivo soggettivo o per dimissioni ingiustificate del lavoratore) o, nel caso l’utilizzatore non sia un lavoratore subordinato da un agente o un rappresentante, che
(II) sia cessato il rapporto di agenzia o di rappresentanza commerciale in corso (anche in questo caso, però, la sospensione non verrà concessa se la cessazione del rapporto sia avvenuta a seguito di risoluzione consensuale, recesso del datore di lavoro per giusta causa o recesso del lavoratore ingiustificato).
In teoria, al termine del periodo di sospensione, i pagamenti dei canoni di leasing dovrebbero riprendere regolarmente, secondo le modalità originariamente stabilite (anche se è possibile, in ogni caso, rivedere gli accordi).
Cosa accade, però, se l’utilizzatore non riprende il pagamento dei canoni di leasing, una volta terminato il periodo di sospensione concesso dalla banca?
In questo caso, la legge prevede che il contratto di leasing immobiliare si risolva (e, quindi, che il rapporto si sciolga), proprio a causa dell’inadempimento dell’utilizzatore.
Questo significa che l’istituto bancario o l’intermediario finanziario avrà diritto alla restituzione dell’immobile a suo tempo concesso in leasing.
Non solo, il diritto alla restituzione potrà essere fatto valere anche attraverso lo speciale procedimento di convalida dello sfratto (quindi, la banca procederà a notificare al debitore un atto denominato “intimazione di sfratto”, che dovrà essere convalidata dal Tribunale, nel corso di un’apposita udienza in Tribunale).
D’altro lato, va osservato che, se l’immobile viene successivamente venduto, la banca dovrà restituire all’utilizzatore quanto abbia ottenuto dalla vendita del bene, avendo diritto a tenere per sé solo i canoni di leasing scaduti e rimasti inadempiuti.