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No all'indennità di disoccupazione in caso di dimissioni volontarie

Lavoro - -
No all'indennità di disoccupazione in caso di dimissioni volontarie
Le dimissioni vengono equiparate alla risoluzione consensuale e pertanto non può essere richiesta l'indennità di disoccupazione nè in caso di dimissioni nè in caso di accordo volontario di cessazione del rapporto lavorativo tra dipendente e datore di lavoro.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17303 del 25 agosto 2016, si è occupata di un altro interessante caso in materia di diritto del lavoro.

In particolare, se il rapporto di lavoro cessa a seguito di un accordo volontario tra il lavoratore e il datore di lavoro, si ha diritto a percepire il trattamento di disoccupazione o, al contrario, la situazione deve essere assimilata all’ipotesi di dimissioni, con conseguente esclusione di tale diritto?

Nel caso esaminato dalla Cassazione, un soggetto aveva agito in giudizio al fine di vedersi riconosciuto il diritto a percepire l’indennità di disoccupazione a seguito della cessazione del proprio rapporto di lavoro.

La domanda veniva, tuttavia, rigettata in primo e secondo grado, in quanto i giudici ritenevano l’indennità non spettante ai sensi dell’art. 34, comma 5, della legge n. 448/1998 (esclude tale diritto in ipotesi di dimissioni).

Nel caso di specie, il rapporto di lavoro era cessato a seguito di “risoluzione consensuale” e pertanto doveva applicarsi la norma sopra citata.

L’ex lavoratore, ritenendo la sentenza ingiusta, proponeva ricorso in Cassazione, contestando la legittimità della decisione adottata dal giudice di secondo grado.

La Corte, tuttavia, non riteneva di dover aderire alle argomentazioni svolte dal ricorrente, rigettando il relativo ricorso.

Secondo la Corte, infatti, l’esclusione dell’indennità di disoccupazione per il caso di dimissioniriguarda essenzialmente chi, avendo la possibilità di proseguire il proprio rapporto di lavoro, rinunzia al posto, ponendosi in tal caso spontaneamente nella posizione di disoccupato”.

Di conseguenza, la Cassazione riteneva di dover aderire alle argomentazioni svolte dal giudice di secondo grado, il quale aveva rilevato l’equiparabilità delle dimissioni all’ipotesi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro: “nessuna differenza concettuale sussiste fra la dichiarazione di volontà necessariamente recettizia con cui il lavoratore pone unilateralmente fine al rapporto di lavoro e quella destinata a confluire, in uno con la speculare dichiarazione del datore di lavoro, nell’accordo relativo ad un contratto di transazione”.

Ciò che conta, infatti, secondo la Corte, è che il lavoratore avesse, in concreto, la possibilità di proseguire il rapporto di lavoro.

Di conseguenza, la Cassazione evidenziava come “nessun diritto al trattamento di disoccupazione possa pretendere il lavoratore che sia unilateralmente receduto dal rapporto o vi abbia comunque posto negozialmente (e dunque volontariamente) fine”.

In caso di transazione col datore di lavoro, infatti, secondo la Corte, il trattamento di disoccupazione potrebbe essere riconosciuto solo nell’ipotesi in cui, nell’ambito di un processo di ristrutturazione aziendale, il lavoratore riuscisse a dimostrare di aver aderito all’accordo al solo scopo di prevenire il licenziamento (in tal senso, infatti, si è pronunciata la stessa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1590 del 2004).

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dal ricorrente, condannando il medesimo al pagamento delle spese processuali.


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