Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’appello di Bologna aveva confermato la sentenza con cui il Tribunale di Modena aveva condannato un imputato per il reato di cui all’art. 189, comma 6, Codice della Strada (obbligo di fermarsi in caso di incidente stradale).
Nello specifico, l’imputato era stato condannato per tale reato in quanto egli, mentre era alla guida di un autocarro, aveva investito un soggetto che si trovava alla guida di una bicicletta, allontanandosi senza prestare soccorso.
Ritenendo la decisione ingiusta, l’imputato aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Secondo il ricorrente, in particolare, la Corte d’appello non avrebbe adeguatamente valutato quale fosse stata la causa della caduta della bicicletta condotta dalla vittima, “avendo alternativamente ipotizzato come plausibili tanto l’impatto con il camion condotto dall’imputato quanto lo spostamento d’aria provocato dal sorpasso eseguito dal medesimo veicolo”.
Secondo il ricorrente, inoltre, la Corte d’appello avrebbe dovuto applicare la causa di non punibilità della “particolare tenuità del fatto” (art. 131 bis cod.pen.), dal momento che egli si era fermato per soccorrere la vittima “e si era poi allontanato in assoluta buona fede, non ritenendo di aver cagionato l’incidente”.
La Corte di Cassazione, tuttavia, riteneva di dover accogliere solo parzialmente i motivi di ricorso proposti dall’imputato.
Osservava la Cassazione, in particolare, che il reato di cui all’art. 189, comma 6, Codice della Strada, non presuppone che il soggetto abbia causato l’incidente, essendo sufficiente che lo stesso sia “comunque riconducibile al suo comportamento”.
Il reato stesso, infatti, secondo la Cassazione, si fonda sull’obbligo previsto al comma 1 della medesima disposizione, che impone “all’utente della strada, coinvolto in un sinistro “comunque” riconducibile al suo comportamento, l’obbligo di garantire l’identificazione dei soggetti coinvolti nell’investimento e la ricostruzione delle modalità del sinistro”.
Di conseguenza, l’obbligo di assistenza non è ricollegato “alla consumazione e all’accertamento di un reato”, bensì al “semplice verificarsi di un incidente comunque ricollegabile al comportamento dell’utente della strada al quale l’obbligo di assistenza è riferito”.
Di conseguenza, secondo la Cassazione, la Corte d’appello aveva del tutto adeguatamente motivato la propria decisione, avendo chiaramente illustrato la distinzione tra “responsabile del sinistro” e soggetto che “indipendentemente dalla colpa, si sia trovato coinvolto nel sinistro da cui si è originata la situazione di pericolo”.
Pertanto, la Corte d’appello aveva del tutto correttamente attribuito rilevanza al fatto che la vittima era caduta dalla bicicletta in occasione della manovra di sorpasso effettuata dall’imputato, ritenendo, giustamente, irrilevante il fatto che non fosse stato il sorpasso stesso a causare la caduta.
La Corte di Cassazione, tuttavia, riteneva di dover dar seguito alle osservazioni svolte dall’imputato circa l’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per “particolare tenuità del fatto”, osservando come la Corte d’appello non avesse sufficientemente motivato la propria decisione di non riconoscerla, non avendo la stessa indicato gli elementi concreti sui quali si fondava la propria decisione.
Ciò considerato, la Corte di Cassazione annullava la sentenza impugnata, limitatamente alla questione riguardante l’applicazione dell’art. 131 bis c.p., rinviando la causa alla Corte d’appello, affinchè la medesima decidesse nuovamente su questo punto.