Può accadere, purtroppo, di portare a casa dagli scaffali del supermercato un flacone di candeggina difettoso, che può provocare anche importanti lesioni fisiche.
Ebbene, in questi casi è, ovviamente, possibile per il consumatore adire l’Autorità Giudiziaria al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti, a condizione, però, che venga fornita la prova del difetto del prodotto in questione.
In un caso esaminato dalla Corte di Cassazione (Cass. civ. 3258/2016) un consumatore si era rivolto al Tribunale chiedendo la condanna dell’azienda produttrice del flacone di candeggina incriminato al risarcimento dei danni subiti a seguito dell’esplosione del fustino, avvenuta in occasione di un normale utilizzo dello stesso.
Dopo il rigetto della domanda da parte del giudice di primo grado, l’attore si è rivolto alla Corte d’Appello, la quale ha rigettato l’appello proposto, in quanto non era stata adeguatamente provata la difettosità nel processo di produzione del prodotto in questione.
In particolare, la Corte d’Appello ha evidenziato come l’attore si fosse limitato, in primo grado, a dimostrare solo che il flacone era rotto al momento dell’utilizzo, senza, tuttavia, dimostrare che la rottura fosse stata causata da un difetto di produzione e non, ad esempio, da un fatto accidentale o da un comportamento riconducibile alle modalità di utilizzo da parte del consumatore stesso.
Ai fini dell’assolvimento di questo onere probatorio, peraltro, rileva la Corte, non sarebbe stato nemmeno sufficiente richiedere una consulenza tecnica, sia perché tale strumento non rappresenta un vero e proprio mezzo di prova ma solo uno strumento che può agevolare la decisione del giudice, sia perché la prova non poteva avere ad oggetto solo l’esistenza di un “contatto tra un prodotto ed il consumatore” e l’allegazione “di un esito dannoso come conseguenza dell’uso di quel prodotto”, essendo necessario, al contrario, “quale fosse esattamente il prodotto usato ed il difetto”.
Sarebbe stato necessario, osserva la Corte, allegare delle fotografie che raffigurassero il flacone con le rotture che si affermano essere state presenti.
Il consumatore ha presentato, quindi, ricorso per Cassazione, il quale non ha, però, avuto esito positivo per il ricorrente.
La Corte di Cassazione ha, infatti, confermato la sentenza che aveva rigettato la domanda del consumatore, proprio in quanto non era stato possibile effettuare “accertamenti tecnici proprio sul prodotto che si assumeva difettoso”.
Nel motivare la propria decisione, la Corte di Cassazione ha precisato che spetta al soggetto danneggiato fornire la prova specifica che il danno subito sia stato causato proprio dal difetto del prodotto.
La Corte fornisce alcune precisazioni anche per quanto riguarda la definizione di “difettosità del prodotto”, che risulta collegata al concetto di “sicurezza”.
Infatti, secondo la Corte, si può considerare “difettoso” solo “quel prodotto che non offra la sicurezza che ci si può legittimamente attendere in relazione al modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, alla sua presentazione, alle sue caratteristiche palesi alle istruzioni o alle avvertenze fornite, all’uso per il quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato, e ai comportamenti che, in relazione ad esso, si possono ragionevolmente prevedere, al tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione”.
E’, quindi, necessario, per potersi parlare di “prodotto difettoso”, che il difetto sia riconducibile ad un vizio di fabbricazione, o alla carenza (o assoluta mancanza) di adeguate istruzioni di utilizzo.
Di conseguenza, non è necessario che il prodotto sia assolutamente innocuo, in quanto il giudice deve valutare se siano stati rispettati i fondamentali standards di sicurezza previsti dalla normativa di riferimento.