La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23093 dell’11 maggio 2017, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Nel caso esaminato dalla Cassazione, un imputato era stato condannato, sia in primo che in secondo grado, per il reato di furto aggravato (artt. 624 e 625 cod. pen.), in quanto questi aveva rubato un vecchio e arrugginito cartello di segnaletica stradale, di proprietà del Comune, che era stato, peraltro, sostituito con un nuovo cartello.
L’imputato, ritenendo la condanna ingiusta, decideva di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Secondo il ricorrente, infatti, contrariamente da quanto affermato dai giudici dei precedenti gradi di giudizio, il segnale stradale in questione era vecchio e arrugginito, non aveva alcun valore storico e artistico e doveva considerarsi una cosa abbandonata, destinata al macero.
Osservava il ricorrente, inoltre, che non era stata in alcun modo provava la volontà di sottrarre un bene al legittimo proprietario e che i giudici dei precedenti gradi di giudizio avrebbero dovuto, almeno, concedere l’attenuante di cui al’art. 62 n. 4 cod. pen., dal momento che il cartello aveva un valore di poche decine di euro.
La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover dar ragione all’imputato ricorrente, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.
Secondo la Cassazione, infatti, il cartello in questione era stato sostituito da un nuovo cartello - in quanto ormai il primo era arrugginito - e, dunque, il medesimo doveva effettivamente essere considerato una cosa abbandonata, che non poteva formare oggetto di furto.
Secondo la Cassazione, peraltro, i giudici che avevano condannato l’imputato non avevano considerato l’effettiva “lesività del fatto”, precisando che, nel caso di specie, non poteva considerarsi “lesivo” il furto avente ad oggetto un “un vecchio cartello di segnaletica stradale arrugginito, ormai sostituito dall’Amministrazione”.
Nel caso di specie, inoltre, i giudici non avevano adeguatamente motivato l’affermazione secondo cui “un cartello stradale, vecchio e arrugginito, ormai dismesso dalla pubblica amministrazione e sostituito con un altro, possa rivestire un interesse storico ed artistico, tanto da meritare collocazione in esposizioni, mostre e collezioni private”.
Ciò considerato, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dall’imputato, annullando la sentenza di condanna impugnata “perché il fatto non sussiste”.