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La fisionomia della confisca “allargata”

La fisionomia della confisca “allargata”
Le Sezioni Unite della Cassazione perimetrano l’istituto della confisca “allargata” individuando i beni confiscabili secondo un criterio di “ragionevolezza temporale”.
Con una interessantissima pronuncia (n. 27421 del 15 luglio 2021), le Sezioni Unite penali della Cassazione si sono pronunciate sui presupposti applicativi dell’istituto della c.d. “confisca allargata”. Come è noto, il mondo delle confische si inquadra all’interno del genus dei provvedimenti ablatori reali: segnatamente, si tratta di misure espropriative inquadrabili di volta in volta o nel campo delle misure di sicurezza, o nel concetto di pena (secondo i criteri convenzionali dettati dalla sentenza Engels vs Paesi bassi) ovvero nel concetto di misura di prevenzione (es. la c.d. confisca antimafia).

All’interno di questo frastagliato arcipelago, la misura della confisca allargata di cui all’art. 240 bis del c.p. riveste un ruolo sistematico sempre più rilevante a causa della graduale, ma costante, individuazione di ulteriori reati spia in cui viene disposta la misura in caso di condanna dell’imputato. Entrando in media res, il problema giuridico sottoposto all’attenzione delle Sezioni Unite della Cassazione riguardava il perimetro applicativo del provvedimento in commento, in uno al sapiente punto di equilibrio tra il diritto di proprietà ex art. 41 Cost. e le esigenze general/special preventive proprie del diritto penale. Nel caso di specie, gli Ermellini hanno enunciato il principio di diritto secondo cui il giudice dell’esecuzione, investito della richiesta di confisca ex art. 240-bis cod. pen., esercitando gli stessi poteri che, in ordine a tale misura di sicurezza atipica, sono propri del giudice della cognizione, può disporla, fermo restando il criterio di “ragionevolezza temporale”, in ordine ai beni che sono entrati nella disponibilità del condannato fino alla pronuncia della sentenza per il cd. “reato spia”, salva comunque la possibilità di confisca anche di beni acquistati in epoca posteriore alla sentenza, ma con risorse finanziarie possedute prima.

In breve, il patrimonio confiscabile al detenuto riguarda tutti quei beni acquistati in un tempo ragionevolmente anteriore al reato spia e fino alla sentenza di condanna in primo grado. Per non dilatare oltremodo i confini di applicazione dell’istituto, con effetti gravemente pregiudicanti i diritti di proprietà e d’iniziativa economica, la Suprema Corte ha individuato dunque il criterio della “ragionevolezza temporale” secondo cui il momento dell’acquisto dei beni da sottoporre a confisca non è indifferente alla dimensione temporale del reato presupposto, ma deve risultare a distanza ragionevole dallo stesso, tanto se antecedente, come se successivo.

Tale canone ermeneutico supera quanto affermato in precedenza dalle Sezioni Unite "Montella" e può contribuire a un corretto bilanciamento tra tutti i diritti in gioco, adesso spetterà alla giurisprudenza di merito applicarlo praticamente delineandone i contenuti concreti.


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