Nel caso esaminato dalla Cassazione, il comandante della Polizia municipale di Trani era stato imputato per tale delitto poichè “nel redigere e diffondere un comunicato stampa” aveva offeso la reputazione di un avvocato, indicandolo “sia pure indirettamente, come complice di falsità in atto pubblico compiuto da un suo cliente”.
Nell’ambito del medesimo procedimento, inoltre, i redattori dei giornali on line (per aver pubblicato quel comunicato stampa) e i direttori responsabili dei suddetti giornali (per aver omesso il controllo necessario ad evitare che fosse pubblicato il comunicato stampa diffamatorio), venivano processati per il reato di calunnia.
A seguito del proscioglimento di tutti gli imputati nel primo grado di giudizio, si giungeva dinanzi alla Corte di Cassazione, che accoglieva il ricorso e annullava, almeno parzialmente, la sentenza impugnata.
Nello specifico, la Corte di Cassazione evidenziava come il Giudice del precedente grado di giudizio avesse “ritenuto che l’indicazione delle sole iniziali del professionista costituitosi parte civile e l’indicazione del paese ove questi aveva lo studio professionale non erano elementi tali da far risalire immediatamente alla sua identificazione da parte dei lettori”.
La decisione impugnata, tuttavia, secondo la Cassazione, non era in linea con il prevalente orientamento della Corte di Cassazione stessa.
Infatti, le circostanze di causa si erano svolte “in un ambito territoriale ristretto e potevano avere interesse e rilievo per un pubblico di lettori circoscritto all’ambito giudiziario ma allo stesso tempo, e per la stessa appartenenza al settore ove il ricorrente opera, sufficientemente informato ed in condizione di collegare utilmente le notizie ricavabili dal testo incriminato”.
In questo contesto, dunque, “le ulteriori indicazioni fattuali riguardanti il foro di appartenenza della parte civile, Foggia, il paese, molto piccolo, San Ferdinando di Puglia in cui aveva lo studio, e le sue iniziali, potevano condurre in modo non difficoltoso ma anzi sufficientemente agevole all’individuazione dell’ipotizzato complice nel delitto di falso nell’avvocato [...], soprattutto in considerazione del fatto che questi, come la stessa sentenza riconosce, è l’unico legale del Foro di Foggia con studio nel suindicato paese”.
Pertanto, secondo la Corte, “l’individuazione dell’avvocato che sarebbe stato complice del suo assistito della falsità ideologica per cui quest’ultimo era stato condannato, nonostante l’assenza del nome e cognome per esteso, era non solo possibile ma facile ad opera in particolare dei professionisti frequentanti gli ambienti giudiziari foggiani, del personale degli Uffici Giudiziari di quel territorio e degli stessi Magistrati che vi esercitavano le funzioni”.
La Cassazione osservava, in aggiunta, che “la diffusione del comunicato tramite la rete internet ha sicuramente allargato la platea dei potenziali lettori in grado di giungere all’identificazione del legale implicato nel delitto di falsità ideologica con la parte civile ricorrente, potenzialmente aumentandone il lamentato effetto lesivo della sua onorabilità”.
Ciò premesso, secondo la Cassazione doveva ribadirsi il principio secondo cui “il reato di diffamazione a mezzo stampa è configurabile anche in assenza di esplicite indicazioni nominative, quando i soggetti verso cui le espressioni ritenute diffamanti sono state rivolte, siano individuabili tramite riferimenti alle attività lavorative svolte” (Cass., sent. n. 2784 del 21/10/2014)
Ad ogni modo, secondo la Cassazione, il ricorso non poteva essere accolto “nella parte in cui è stato rivolto anche nei confronti delle posizioni degli imputati che rivestivano il ruolo di direttori responsabili dei giornali telematici”.
Infatti, secondo la Cassazione, “il direttore di un periodico on-line non è responsabile per il reato di omesso controllo, ex art. 57 del c.p., sia per l’impossibilità di ricomprendere detta attività on-line nel concetto di stampa periodica, sia per l’impossibilità per il direttore della testata on-line di impedire le pubblicazioni di contenuti diffamatori “postati” direttamente dall’utenza”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione annullava la sentenza impugnata (tranne che con riferimento alla posizione dei direttori dei periodici on line), rinviando la causa al Tribunale di Trani, affinchè il medesimo decidesse nuovamente sulla questione, in base ai principi sopra enunciati.
Presidente Bruno – Relatore De Gregorio
Ritenuto in fatto
Il Gup del Tribunale di Trani ha prosciolto, ai sensi dell’art. 425 cpp, gli imputati dai delitti di cui agli artt 595 cp e 13 legge 47/48, consistiti, per M., comandante della Polizia municipale di Trani, nel redigere e diffondere un comunicato stampa,in cui – tra l’altro – offendeva la reputazione dell’avv. S. indicato, sia pure indirettamente, come complice di falsità in atto pubblico compiuto da un suo cliente; per D., R. e C., come redattori di giornali on line, per aver pubblicato il suddetto comunicato stampa e per L. e S., in qualità di direttori responsabili dei due giornali on line di cui sopra per aver omesso il controllo necessario ad evitare che fosse pubblicato il comunicato stampa diffamatorio. Fatti di Aprile 2012.
Avverso la decisione ha proposto ricorso la difesa della parte civile, avv S., lamentando l’errata interpretazione dell’art 595 c.p., poiché l’amministrazione comunale era a conoscenza della contestazione nei confronti del suo cliente e della sua estraneità al fatto illecito; in particolare M. aveva le competenze necessarie a comprendere la portata diffamatoria dell’affermazione di complicità nel delitto
rivolta nei confronti di un avvocato. Per altro profilo la sentenza aveva errato nel ritenere difficoltosa l’identificazione della parte civile, poiché il foro di appartenenza, il paese, molto piccolo, in cui aveva lo studio e le iniziali erano a tanto idonei.
1.1 Col secondo motivo ha censurato la violazione delle regole dell’udienza preliminare, poiché il Gup in base al criterio della difficoltà ad identificare la persona offesa aveva prosciolto gli imputati senza valutare che al processo avrebbero potuto emergere elementi in senso contrario. All’odierna udienza il PG, dr B., ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza. Il difensore della parte civile,avvocato L., si è riportato al ricorso chiedendone l’accoglimento; l’avvocato L. per l’imputato L. ha insistito per la conferma della sentenza.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato nei limiti in seguito precisati.
1.Quanto al primo motivo deve premettersi che il Giudice nella motivazione di proscioglimento ha ritenuto che l’indicazione delle sole iniziali del professionista costituitosi parte civile e l’indicazione del paese ove questi aveva lo studio professionale non erano elementi tali da far risalire immediatamente alla sua identificazione da parte dei lettori. Dalla stessa sentenza emerge, inoltre, che la posizione del ricorrente era stata archiviata nel procedimento penale e lo stesso Gup aveva definito – pur dopo qualche distinzione sul significato della parola – non perfettamente aderente alla realtà il riferimento alla “complicità” dell’avvocato contenuto nel comunicato stampa.
2.La decisione impugnata, pur ancorata alla risalente giurisprudenza di legittimità citata – Cass. 27.4.2005 nr 15643 – appare, tenuto conto di tutte le circostanze della fattispecie concreta, non in linea con il prevalente orientamento di questa Corte.
2.1 Deve, invero, darsi atto che i fatti dl cui al processo sl sono svolti in un ambito territoriale ristretto e potevano avere interesse e rilievo per un pubblico di lettori circoscritto all’ambito giudiziario ma allo stesso tempo, e per la stessa appartenenza al settore ove il ricorrente opera, sufficientemente informato ed in condizione di collegare utilmente le notizie ricavabili dal testo incriminato. In tale contesto le ulteriori indicazioni fattuali riguardanti il foro di appartenenza della parte civile, Foggia, il paese, molto piccolo, San Ferdinando di Puglia in cui aveva lo studio, e le sue iniziali, potevano condurre in modo non difficoltoso ma anzi sufficientemente agevole all’individuazione dell’ipotizzato complice nel delitto di falso nell’avvocato S., soprattutto inconsiderazione del fatto che questi, come la stessa sentenza riconosce, è l’unico legale del Foro di Foggia con studio nel suindicato paese.
2.2 Ne deriva che, sia pure con riferimento al suindicato ristretto ambito sociale e lavorativo, l’individuazione dell’avvocato che sarebbe stato complice del suo assistito della falsità ideologica per cui quest’ultimo era stato condannato, nonostante l’assenza del nome e cognome per esteso, era non solo possibile ma facile ad opera in particolare dei professionisti frequentanti gli ambienti giudiziari foggiani, del personale degli Uffici Giudiziari di quel territorio e degli stessi Magistrati che vi esercitavano le funzioni.
2.3 Deve, ancora, osservarsi che la diffusione del comunicato tramite la rete internet ha sicuramente allargato la platea dei potenziali lettori in grado di giungere all’identificazione del legale implicato nel delitto d falsità ideologica con la parte civile ricorrente, potenzialmente aumentando per il lamentato effetto lesivo della sua onorabilità.
3.A tale cornice fattuale è coerente il principio, più volte affermato da questa Corte, e qui ribadito, secondo il quale il reato di diffamazione a mezzo stampa è configurabile anche in assenza di esplicite indicazioni nominative, quando i soggetti verso cui le espressioni ritenute diffamanti sono state rivolte, siano individuabili tramite riferimenti alle attività lavorative svolte. In tal senso Sez. 5, Sentenza n. 2784 del 21/10/2014 Ud. (dep. 21/01/2015) Rv. 262681 In tema di diffamazione a mezzo stampa, qualora l’espressione lesiva dell’altrui reputazione sia riferibile, ancorché in assenza di indicazioni nominative, a persone individuabili e individuate per la loro attività, esse possono ragionevolmente sentirsi destinatarie di detta espressione, con conseguente configurabilità del reato di cui all’art. 595 cod. pen. In senso conforme Cass Sez 1 22.1.2014 nr 16712 e Cass sez 5, 8.1.2009 nr 46077.
4.Il ricorso è infondato nella parte in cui è stato rivolto anche nei confronti delle posizioni degli imputati che rivestivano il ruolo di direttori responsabili dei giornali telematici. Infatti, la sentenza di proscioglimento in proposito ha correttamente richiamato la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale l’art 57 cp non è ad essi applicabile. In tal senso Sez. 5, Sentenza n. 10594 del 05/11/2013 Cc. (dep. 05/03/2014 ) Rv. 259888. Il direttore di un periodico on-line non è responsabile per il reato di omesso controllo, ex art. 57 cod. pen., sia per l’impossibilità di ricomprendere detta attività on-line nel concetto di stampa periodica, sia per l’impossibilità per il direttore della testata on-line di impedire le pubblicazioni di contenuti diffamatori “postati” direttamente dall’utenza.
4.1 La condivisibile motivazione della sentenza citata ha posto in luce che l’assimilazione tra stampa e telematica non solo è in sé impropria, a causa delle profonde, ed intuitive, diversità ontologiche e strutturali, ma, sotto il profilo dell’interpretazione della norma penale, sarebbe da considerare analogia in malam partem. La formulazione delle imputazioni a carico di L. e S., pertanto,risulta giuridicamente sbagliata, come la stessa contestazione dell’aggravante ex art 13 legge 47/48, ed il loro proscioglimento è stato esattamente motivato per le suddette ragioni, e non è inficiato dalle critiche formulate nel ricorso, essendo inconcepibile qualsiasi sviluppo dibattimentale riguardo alle suindicate posizioni.
Alla luce dei principi e delle considerazioni che precedono la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuova fissazione dell’udienza preliminare e per nuovo esame al Tribunale di Trani, limitatamente alle posizioni di M.A., M.D., F.S.R., V.C..
Nel resto il ricorso va rigettato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Trani limitatamente alle posizioni M.A., M.D., F.S.R., V.C.
Rigetta nel resto.