La vicenda in oggetto concerneva il rifiuto da parte di una minore di incrementare il numero di incontri con il padre, a seguito della separazione dei genitori in regime di affidamento condiviso.
La figlia versava da tempo in uno stato di malessere, causato dai persistenti contrasti all’interno della famiglia. Allo stesso tempo, la madre accusava il padre di abusi sessuali nei confronti della minore e pertanto chiedeva di sospendere gli incontri di quest’ultima col padre.
La stessa figlia, in sede di audizione, aveva affermato di non essere intenzionata ad incrementare il numero di incontri con il padre e che questa sua decisione sarebbe stata frutto di una scelta personale, e non di precedenti pressioni da parte della madre.
Il tribunale di Torino aveva così disposto la sospensione degli incontri con il padre, il quale proponeva reclamo, sostenendo che la scelta della minore fosse frutto di comportamenti della moglie volti ad ostacolarlo e a denigrarlo agli occhi della figlia.
La Corte d’appello di Torino, però, ha respinto il reclamo. L’uomo decideva pertanto di ricorrere in Cassazione, sostenendo che i giudici avessero omesso di adottare le misure di cui all’art. 709 ter del c.p.c. e lamentando l’infondatezza della denuncia di molestie.
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 27207/2019, ha, però, ritenuto infondati entrambi i motivi di ricorso, in quanto dalla CTU era emerso che la volontà della minore fosse davvero libera e non condizionata da un plagio della madre; inoltre, la Corte aveva rilevato che le denunce di quest'ultima non erano frutto di un intento calunnioso.
Non veniva poi in alcun modo compromesso il diritto alla genitorialità del padre, in quanto i giudici di merito avevano mantenuto invariato il regime di affidamento condiviso.
Inoltre, è stato ribadito che, in sede di ascolto del minore, il giudice goda, di fatto, di ampio margine discrezionale, non soggetto a controllo di legittimità.