La vicenda trae origine da una sentenza della Corte d’Appello di Vicenza che nel rideterminare l’assegno di divorzio tiene conto delle disponibilità economiche dell’obbligato e dei sette anni di matrimonio intercorsi tra la coppia. La parte soccombente nel ricorrere in Cassazione, lamenta la violazione del’art . 5, comma 6 della Legge sul divorzio n.898/1970. Nello specifico, viene violata la norma in questione sia in relazione alla mancata adeguata valutazione delle differenze economiche tra i coniugi ma anche per quanto riguarda la prevalenza attribuita al criterio compensativo, nella valutazione del quantum dell’assegno piuttosto che al criterio assistenziale.
La Suprema Corte nell’assegnare la causa alle Sezioni Unite, constata che nel decidere il quantum dell’assegno divorzile, la Corte d’Appello, non avrebbe tenuto conto delle convivenza more uxorio instaurata dai coniugi prima dell’unione matrimoniale.
La Corte ritiene che “la convivenza prematrimoniale è un fenomeno di costume che è sempre più radicato nei comportamenti della nostra società cui si affianca un accresciuto riconoscimento – nei dati statistici e nella percezione delle persone – dei legami di fatto intesi come formazioni familiari e sociali di tendenziale pari dignità rispetto a quelle matrimoniali”. La convivenza more uxorio si caratterizza per la stabilità degli affetti e l’assunzione spontanea di obblighi assistenziali da ambo le parti dell’unione.
Ciò posto, poiché convivenza e matrimonio assumono pari dignità sociale, non ha più senso conservare la distinzione per la determinazione dell’assegno. A norma dell’art. 374, comma 2, del Codice di procedura civile, ai fini della determinazione dell’assegno divorzile, il tema della convivenza anteriore alla legalizzazione del matrimonio è una questione di particolare importanza di cui il giudice avrebbe dovuto tener conto.