In particolare, se la convivenza finisce, i beni acquistati da uno dei conviventi devono essere restituiti?
Nel caso esaminato dalla Cassazione, il Tribunale di Roma aveva rigettato la domanda con cui un soggetto aveva chiesto la condanna della ex convivente alla restituzione degli arredi e oggetti personali (…) che erano rimasti nella casa familiare dopo che l’attore se n’era andato.
La Corte d'appello di Roma, pronunciatasi in secondo grado, aveva accolto l’impugnazione proposta dall’uomo, condannando la ex convivente alla restituzione dei suddetti beni, ad eccezione di una “scatola di lacca cinese del 1800, e dei beni strettamente connessi alle necessità dei figli rimasti nell'alloggio”.
La Corte d’appello, in particolare, aveva “ritenuto provata la titolarità dei beni in capo all'appellante”, i quali, dunque, dovevano essergli restituiti.
Giunti al terzo grado di giudizio, la Corte di Cassazione riteneva di dover confermare la sentenza di secondo grado, rigettando l’impugnazione proposta dalla ex convivente.
Secondo la Cassazione, infatti, la Corte d’appello aveva adeguatamente motivato la propria decisione, evidenziando che la ex compagna aveva ammesso che parte degli oggetti e degli arredi erano stati acquistati dall’ex compagno e dai suoi famigliari, con la conseguenza che la domanda di restituzione non poteva considerarsi sprovvista di prova.
Osservava la Cassazione, in proposito, che la convivenza determina “sulla casa di abitazione ove si svolge e si attua il programma di vita in comune, un potere di fatto basato su di un interesse proprio del convivente, che assume i connotati tipici di una detenzione qualificata”, con la conseguenza che al termine della convivenza, i beni acquistati da ciascuno degli ex conviventi rimangono di proprietà degli stessi.
Precisava la Corte, inoltre, come adeguata fosse stata la decisione del giudice di secondo grado di escludere dall’obbligo di restituzione i beni “strettamente connessi alle necessità dei figli”, dal momento che la casa familiare era stata assegnata alla donna, che abitava nella stessa assieme ai figli, che erano rimasti a vivere con lei.
Pertanto, secondo la Cassazione, la decisione di escludere dall’obbligo di restituzione i beni “strettamente connessi alle necessità dei figli” corrispondeva al prevalente interesse dei figli stessi, che era stato correttamente privilegiato dalla Corte d’appello.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dalla ex convivente, condannando la medesima al pagamento delle spese processuali.