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Se il contratto di locazione non è stato registrato devo pagare lo stesso il canone?

Se il contratto di locazione non è stato registrato devo pagare lo stesso il canone?
Secondo la Cassazione, il contratto di locazione non registrato è nullo ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 346 e la prestazione compiuta in esecuzione di tale contratto costituisce un indebito oggettivo.
Il contratto di locazione non registrato è efficace?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25503 del 13 dicembre 2016, si è occupata proprio di questa interessante questione, fornendo alcune utili precisazioni sul punto.

Ne caso esaminato dalla Cassazione, il proprietario di un immobile aveva agito in giudizio nei confronti della propria inquilina, chiedendo la risoluzione del contratto di locazione e il risarcimento del danno, in quanto quest’ultima non aveva mai pagato il canone.

L’inquilina aveva contestato le domande dell’attore, evidenziando di non aver mai stipulato un contratto di locazione, avendone solo concordato la stipula.

Il Tribunale di Ravenna, pronunciatosi in primo grado, aveva accolto la domanda del proprietario dell’immobile e la sentenza era stata confermata dalla Corte d’appello di Bologna, che aveva rigettato l’impugnazione proposta dall’inquilina.

La Corte d’appello, in particolare, aveva ritenuto che il contratto fosse stato concluso, pur essendo inefficace, in quanto non registrato. Tuttavia, l’inefficacia del contratto non eliminava l’obbligo per l’occupante dell’immobile di pagare il canone pattuito.

Ritenendo la sentenza ingiusta, l’inquilina proponeva ricorso per Cassazione, eccependo la nullità del contratto di locazione, in quanto non registrato, ed eccependo che il contratto doveva considerarsi in ogni caso inesistente, non essendovi mai stato un accordo tra le parti in tal senso.

Di conseguenza, secondo l’inquilina, nessun importo doveva essere versato al proprietario dell’immobile, non essendo mai sorto tra le parti alcun vincolo giuridico.

La Corte di Cassazione riteneva di dover parzialmente aderire alle argomentazioni svolte dalla ricorrente, evidenziando che, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 311 del 30 dicembre 2004, “i contratti di locazione (...) sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati”.

Secondo la Cassazione, dunque, non poteva condividersi l’orientamento espresso dalla Corte d’appello, che aveva ritenuto che “nella specie il contratto oggetto del giudizio fosse valido, ma inefficace, sul presupposto che la registrazione del contratto prevista dalla norma appena citata fosse una condicio iuris di efficacia del contratto”.

Di conseguenza, secondo la Corte, il giudice di secondo grado, avrebbe erroneamente escluso la nullità del contratto di locazione oggetto di causa e aveva altrettanto erroneamente ritenuto applicabile al caso di specie l’art. 1458 cod. civ., “norma che disciplina la risoluzione per inadempimento dei contratti di durata, e non gli effetti della nullità”.

Secondo la Cassazione, inoltre, i giudici di appello avrebbero errato, altresì, nell’equiparare “l’obbligo di pagare il canone, scaturente dal contratto e determinato dalle parti, con l'obbligo di indennizzare il proprietario per la perduta disponibilità dell'immobile, scaturente dalla legge e pari all'impoverimento subito”.

In considerazione della nullità del contratto, dunque, secondo la Cassazione l’inquilino non poteva nemmeno essere considerato tenuto al pagamento dei canoni di locazione non corrisposti, non essendo concepibile “che un contratto di locazione nullo abbia prodotto i suoi effetti perchè il rapporto si è svolto ‘di fatto’”.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione annullava la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte d’appello, affinchè la medesima decidesse nuovamente sulla questione, in base ai principi di diritto secondo cui “il contratto di locazione non registrato è nullo ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 346” e “la prestazione compiuta in esecuzione d'un contratto nullo costituisce un indebito oggettivo, regolato dall'art. 2033 c.c., e non dall'art. 1458 c.c.; l'eventuale irripetibilità di quella prestazione potrà attribuire al solvens, ricorrendone i presupposti, il diritto al risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., od al pagamento dell'ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c.”.


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