Nel caso esaminato dalla Cassazione, una donna aveva agito in giudizio nei confronti di una compagnia assicurativa, chiedendo che la stessa fosse condannata ad adempiere al contratto di assicurazione sulla vita che era stato sottoscritto dal defunto marito.
Osservava la donna, in particolare, che il marito, nel 2007, aveva acquistato un immobile, stipulando a tal fine un mutuo con la banca e stipulando, altresì, una polizza assicurativa che lo garantiva per il caso di morte.
Dopo la morte del marito (avvenuta a causa di un tumore), tuttavia, l’assicurazione si era rifiutata di adempiere ai propri obblighi derivanti dalla polizza.
L’assicurazione aveva contestato le domande svolte dalla vedova, evidenziando che l’assicurato, al momento della stipula della polizza, aveva fornito “notizie false e/o reticenti circa le proprie condizioni di salute” (art. 1892 c.c.).
Il Tribunale pronunciatosi in primo grado aveva rigettato le domande svolte dalla donna e la Corte d’appello aveva confermato la suddetta decisione, con la conseguenza che la donna aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione.
Secondo la Corte d’appello, in particolare, dagli accertamenti effettuati in corso di causa, era emerso che l’assicurato, nel momento in cui aveva stipulato la polizza, “era ben consapevole di versare in una condizione sanitaria che non rientrava in quella che era stata riportata nella dichiarazione allegata e sottoscritta nella polizza”, dal momento che, in quella data, l’uomo era già stato sottoposto ad un primo intervento chirurgico.
La Corte di Cassazione riteneva di dover confermare la decisione resa dalla Corte d’appello, rigettando il ricorso proposto dalla vedova dell’assicurato, in quanto infondato.
Precisava la Cassazione, infatti, che, per quanto riguarda i contratti di assicurazione, la reticenza dell’assicurato è causa di annullamento del contratto quando si verifichino tre condizioni, vale a dire:
1) la dichiarazione sia inesatta o reticente;
2) la dichiarazione deve essere stata resa con dolo o colpa grave;
3) la reticenza deve essere stata determinante nell’indurre l’assicuratore a stipulare il contratto.
Ebbene, nel caso di specie, la Cassazione evidenziava come la Corte d’appello avesse, del tutto correttamente, applicato tali principi, rilevando come, al momento della stipula del contratto, l’assicurato fosse consapevole delle proprie precarie condizioni di salute ma non le avesse rese note all’assicuratore.
Osservava la Cassazione, peraltro, che, al momento della stipula, l’assicurato “non poteva non sapere di essere affetto da una grave malattia” ma, ciononostante, egli “aveva sottoscritto una dichiarazione attestante di non aver subito interventi chirurgici nei cinque anni precedenti (cosa non vera) e che era ben consapevole del fatto che dichiarazioni false o reticenti avrebbero determinato la non operatività della garanzia, compromettendo di conseguenza il diritto al conseguimento della prestazione”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dalla vedova dell’assicurato, confermando integralmente la sentenza resa dalla Corte d’appello e condannando la ricorrente anche al pagamento delle spese processuali.