L’assegnazione e la gestione dei posti auto nel cortile condominiale sono spesso causa di dibattiti, specialmente quando i posti disponibili non soddisfano le necessità di tutti i condomini.
In primo luogo, occorre precisare che il termine "cortile" designa "l'area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serve a dare luce e aria agli ambienti circostanti" (cfr. Cass. sent. n. 2532/2017). E, proprio in considerazione della connessa funzione di dare aria e luce agli ambienti che vi prospettano, il termine "cortile" – ha precisato la Corte di Cassazione – deve intendersi in senso ampio, comprendendo tale parola anche "i vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate dell’edificio, quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercapedini, i parcheggi che, sebbene non menzionati espressamente nell'art. 1117 c.c., devono essere ritenute comuni a norma della suddetta disposizione " (Cass. n. 7889 /2000).
Il codice civile, all’art. 1102, riconosce a ogni condomino la possibilità di utilizzare le parti comuni, compreso il parcheggio, purché rispetti la loro destinazione e non ne limiti l’uso agli altri. L’uso del cortile e l'assegnazione dei posti auto sono appannaggio dell’assemblea condominiale, che delibera secondo le maggioranze di cui all’articolo 1136 c.c..
E, sul punto, la Cassazione, con la sentenza 9069/2022, ha ribadito che la regolamentazione dell’uso della cosa comune ai fini della individuazione dei posti auto, in assenza dell’unanimità, deve comunque seguire il principio della parità di godimento tra tutti i condomini, stabilito dal citato art. 1102 c.c., il quale impedisce che possa essere riconosciuto soltanto ad alcuni il diritto di fare un determinato uso del bene. Tuttavia - ad avviso della Corte - la delibera condominiale non può validamente contemplare la definitiva assegnazione nominativa a favore di singoli condomini, in via esclusiva e per un tempo indefinito, di posti fissi nel cortile comune per il parcheggio delle autovetture.
In sintesi, secondo il principio di diritto stabilito dalla Suprema Corte, si esclude che il regolamento di condominio o una deliberazione organizzativa approvata dall’assemblea possano validamente disporre l’assegnazione nominativa, in via esclusiva e per un tempo indefinito, a favore di singoli condomini – nel caso di specie, i soli proprietari degli appartamenti, con esclusione dei proprietari dei locali commerciali – di posti fissi nel cortile comune per il parcheggio della loro autovettura, in quanto tale assegnazione parziale, da un lato, sottrae ad alcuni condomini l’utilizzazione del bene a tutti comune (ex art. 1117 c.c.) e, dall’altro, crea i presupposti per l’acquisto da parte del condomino della proprietà della cosa a titolo di usucapione, attraverso l’esercizio del possesso esclusivo dell’area.
In assenza di disposizioni specifiche, è necessario trovare soluzioni condivise. Fra i criteri generalmente adottati, che rispettino il principio di uguaglianza sancito dal codice civile, quello della turnazione resta il criterio più equo in caso di insufficienza dei posti, garantendo a tutti i condomini il diritto di usufruire del parcheggio condominiale.
Ancora, viene precisato dalla Corte di Cassazione che la comunione condominiale dei beni di cui all’art. 1117 c.c. deve ritenersi "presunta", con la conseguenza che "tale presunzione può essere superata solo mediante la prova di un titolo contrario, che si identifica nella dimostrazione della proprietà esclusiva del bene in capo ad un soggetto diverso".
Ma cosa succede, invece, se qualcuno occupa abusivamente lo spazio esterno dell’edificio destinato a parcheggio?
Secondo una sentenza emanata dalla Cassazione penale - la n. 31700 del 20.07.2023 - parcheggiare abusivamente nel cortile di un condominio senza autorizzazione è considerato un reato. La Cassazione ha chiarito che questa azione costituisce violazione di domicilio, poiché anche gli spazi comuni di un condominio sono inclusi nella definizione di privata dimora. Infatti, tali spazi, pur essendo condivisi da più persone, non sono accessibili al pubblico e sono tutelati dall'art. 614 del codice penale.