In particolare, questa tipologia di condotta può assumere rilevanza anche dal punto di vista del diritto penale?
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21753 del 28 maggio 2014, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Nel caso esaminato dalla Cassazione, il Tribunale di Catania aveva condannato un imputato per il reato di “getto pericoloso di cose” (art. 674 c.p.), in quanto, il medesimo aveva “gettato acqua dal proprio appartamento”, creando molestia e disturbo ad un altro condomino, che si trovava nell’area sottostante.
L’imputato, dunque, era stato condannato anche a risarcire i danni subiti dalla persona offesa.
Ritenendo la decisione ingiusta, l’imputato aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Secondo il ricorrente, in particolare, il Giudice avrebbe basato la propria decisione di condanna sulle sole dichiarazioni della persona offesa, la quale, invece, non poteva essere considerata pienamente attendibile.
Osservava il ricorrente, inoltre, che il Giudice non aveva tenuto in adeguata considerazione il fatto che egli era “acerrimo nemico” della persona offesa, tanto che tra gli stessi erano pendenti altri due procedimenti penali, sempre per fatti attinenti alla vita condominiale.
La Corte di Cassazione non riteneva, tuttavia, di poter dar ragione al ricorrente, rigettando il relativo ricorso in quanto “manifestamente infondato”.
Precisava la Cassazione, in proposito, che rientra nell’ambito di applicabilità dell’art. 674 c.p. (“getto pericoloso di cose”) anche il versamento di sostanze liquide, che abbia il possibile effetto di “offendere, imbrattare o molestare le persone, anche se questo effetto non si sia verificato”.
In tal senso, infatti, si era espressa la stessa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8386 del 02 luglio 1992.
Poiché, dunque, nel caso di specie, nel corso del procedimento era stato accertato che l’imputato aveva gettato acqua con una pompa all’interno dell’abitazione della persona offesa, il Tribunale, secondo la Cassazione, aveva del tutto correttamente ritenuto di dover ricondurre la fattispecie al reato di “getto pericoloso di cose”, di cui all’art. 674 c.p.
Ciò considerato, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dall’imputato, confermando integralmente la sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale e condannando il ricorrente anche al pagamento delle spese processuali.