Può accadere che un legale, che non riesca ad ottenere dal cliente il pagamento dei compensi professionali, rifiuti di restituirgli il fascicolo contenente gli atti e i documenti della procedura seguita dall’avvocato stesso.
Un simile comportamento è corretto dal punto di vista professionale?
E cosa rischia l’avvocato che non restituisce gli atti al cliente finché non viene pagato?
Una questione di questo tipo è stata esaminata di recente dal Consiglio Nazionale Forense, con la sentenza n. 11/2023.
Il Consiglio Nazionale Forense, oltre ad essere l’organismo rappresentativo dell’avvocatura italiana, si occupa anche - tra l’altro - di
procedimenti disciplinari nei confronti degli avvocati, nei quali cioè viene contestata la violazione delle regole che l’avvocato deve rispettare nell'
esercizio della professione.
Nel caso che stiamo esaminando, una donna aveva presentato un esposto nei confronti di due suoi ex legali al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di appartenenza, poiché i due professionisti avevano rifiutato di restituirle la documentazione riguardante la causa finché la cliente non avesse pagato loro gli onorari.
Veniva dunque aperto un procedimento disciplinare, a seguito del quale il Consiglio distrettuale di disciplina dichiarava la violazione disciplinare da parte degli avvocati, applicando la sanzione della censura (un “rimprovero” formale).
A questo punto i due legali presentavano ricorso al Consiglio Nazionale Forense, che tuttavia dava loro torto.
Infatti, secondo il CNF, il comportamento dell’avvocato che non restituisce gli atti al cliente se questi non paga il compenso richiesto viola sia norme di legge (tra cui l’
art. 2235 del c.c.), sia l’
art. 33 del Codice Deontologico Forense.
Dunque, ribadisce il CNF, l'avvocato non ha il diritto di trattenere la documentazione del cliente, né può subordinarne la restituzione al pagamento delle spese e dell'onorario.
Pertanto il CNF ha ritenuto corretta la sanzione adottata nei confronti dei due avvocati e ha rigettato il ricorso.