Il caso sottoposto all’esame del Tribunale ha visto come protagonista un lavoratore, che aveva chiesto ed ottenuto l’emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti della propria ex datrice di lavoro, avente ad oggetto il pagamento delle quote di [[trattamento di fine rapporto (TFR)]tfr[/def] asseritamente dovute.
La società datrice di lavoro aveva proposto opposizione al suddetto decreto, evidenziando come il lavoratore in questione fosse stato “regolarmente e totalmente soddisfatto”.
A sostegno delle proprie affermazioni, la datrice di lavoro produceva gli originali delle buste paga relativi ai periodi lavorativi oggetto di contestazione, sottoscritti dal lavoratore stesso per quietanza (art. 1199 c.c.).
Ebbene, il Tribunale riteneva di dover aderire alle considerazioni svolte dalla datrice di lavoro, accogliendo l’opposizione a decreto ingiuntivo dalla medesima proposta.
Il giudice evidenziava, in particolare, che le buste paga prodotte in giudizio erano state regolarmente sottoscritte dal lavoratore e, dunque, non potevano considerarsi dal medesimo contestate.
Rilevava il Tribunale, infatti, che le buste paga in questione riportavano la seguente dicitura: “dichiaro che i dati riportati nel presente prospetto paga sono rispondenti a verità e che appongo la mia firma per ricevuta dello stesso e dell'importo netto sopra evidenziato come netto da pagare”, seguita dalla firma del lavoratore stesso.
Ebbene, secondo il giudice, le buste paga emesse dal datore di lavoro, firmate per quietanza, rappresentavano un “indizio valido e inizio di prova del pagamento di quelle somme” e, in mancanza di altri elementi probatori, potevano essere considerate un “idoneo supporto dell'onere di prova incombente sul datore di lavoro”.
In conclusione, il giudice, “considerato il complesso dei dati probatori raccolti nel presente giudizio” riteneva di dover accogliere l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dalla datrice di lavoro, aderendo all’orientamento giurisprudenziale secondo cui “in presenza di una busta paga sottoscritta, deve ritenersi sussistente una presunzione di corrispondenza della retribuzione percepita dal lavoratore rispetto a quella risultante dai prospetti di paga” (Cass. civ., sent. n. 9588 del 14 luglio 2011).