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Baby sitter, badanti e colf, ora è obbligatorio per il datore registrare la durata effettiva di lavoro: ecco le novità

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Baby sitter, badanti e colf, ora è obbligatorio per il datore registrare la durata effettiva di lavoro: ecco le novità
Baby sitter, colf e badanti avranno ora diritto a un sistema che misuri in modo preciso la durata effettiva dell'orario. Ma quali sono le implicazioni per i datori di lavoro? Scopriamolo insieme
Il lavoro domestico in Italia si conferma un pilastro fondamentale della società e dell’economia, coinvolgendo oltre 3,3 milioni di persone. Secondo i dati forniti dall’ISTAT, le famiglie italiane investono complessivamente 13 miliardi di euro nel lavoro domestico, di cui 7,6 miliardi per i regolari e 5,4 miliardi per gli irregolari.

La disciplina del lavoro domestico in Italia trova fondamento in diverse fonti: nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) per il settore domestico e nelle disposizioni del codice civile e delle leggi in materia di lavoro. Il contratto collettivo, aggiornato periodicamente, stabilisce i diritti e i doveri delle parti, indicando le modalità di assunzione, l’inquadramento del lavoratore, l’orario di lavoro e la retribuzione minima. La legge prevede, inoltre, l’obbligo di registrare il rapporto di lavoro presso l’INPS e di versare regolarmente i contributi previdenziali e assistenziali.

Ancora, è obbligatorio comunicare l’instaurazione del rapporto di lavoro agli enti competenti, in modo da garantire al lavoratore la copertura assicurativa per infortuni e malattie professionali, nonché il diritto al trattamento di fine rapporto (TFR). La mancata osservanza di queste norme configura una situazione di irregolarità, con rilevanti implicazioni legali.

In tale contesto, un punto di svolta è stato segnato dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea con la sentenza storica C-531/23 “Loredas”, laddove si afferma il principio secondo cui anche i lavoratori domestici, tra cui colf e badanti, avranno diritto a un sistema che misuri in modo preciso la durata effettiva dell'orario di lavoro giornaliero.

Il caso

La decisione della Corte trae origine dal ricorso presentato da una collaboratrice domestica spagnola assunta a tempo parziale. Dopo il licenziamento, la lavoratrice aveva richiesto un risarcimento per ferie non godute e ore di straordinario non retribuite. Tuttavia, il tribunale spagnolo di primo grado aveva respinto la domanda, sostenendo che la lavoratrice non aveva una prova precisa delle ore effettivamente fornite, anche perché la normativa nazionale non obbligava i datori di lavoro a registrarle.
La Corte di Giustizia UE ha ribaltato questa impostazione: richiamando una precedente sentenza del 14 maggio 2019 (CCOO, causa C-55/18), ha dichiarato che le norme che esonerano i datori di lavoro dall'obbligo di istituire un sistema di registrazione dell'orario di lavoro sono contrarie alla direttiva 2003/88/CE sull'organizzazione dell'orario di lavoro.
Tale direttiva mira a garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori, stabilendo limiti chiari sulla durata massima dell'orario di lavoro. Senza un sistema di rilevazione, infatti, i lavoratori domestici si troverebbero privi di strumenti per verificare le ore effettivamente prestate e per far valere il rispetto delle normative sui limiti massimi di orario settimanale.

I giudici hanno, quindi, affermato che l'onere della prova non può ricadere sul lavoratore, bensì sul datore di lavoro, il quale è tenuto a registrare e conservare i dati relativi alle ore lavorate.

Tuttavia, l'introduzione di questo obbligo solleva una questione di carattere pratico: come garantire il rispetto della normativa senza creare inutili difficoltà per le famiglie?
Per conformarsi alle norme europee, sarà necessario introdurre strumenti di tracciamento ma, al riguardo, la Corte europea non fa mai riferimento alla timbratura di un cartellino, all’introduzione di un badge, o a qualsiasi altro strumento tecnologico. Né tutti i datori di lavoro domestico sarebbero in grado di gestirlo (si pensi, ad esempio, al caso dell’anziano non autosufficiente presso cui lavora la badante).
Invero, la sentenza della Corte di Giustizia Ue indica solo l’obbligo di predisporre un sistema che consenta di misurare la durata dell’orario giornaliero dei collaboratori domestici, ma senza specificare le modalità.

A tal proposito, Lucia Valente, Professore di Diritto del Lavoro presso l'Università "La Sapienza", propone una possibile soluzione: l'implementazione di una piattaforma digitale gestita dall'INPS, accessibile anche tramite un'applicazione, che consente a datori di lavoro e lavoratori di registrare, in modo semplice e immediato, l'inizio e la fine della giornata di lavoro.

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