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Avvocato, puoi essere sospeso se non controlli le notifiche via Pec nel corso del procedimento: ecco la sentenza del CNF

Avvocato, puoi essere sospeso se non controlli le notifiche via Pec nel corso del procedimento: ecco la sentenza del CNF
Sanzione disciplinare per un avvocato colpevole di negligenza nei confronti del proprio cliente
Un avvocato è stato sospeso per otto mesi dall’albo per non aver controllato le notifiche via PEC durante un procedimento, non accorgendosi così dell'opposizione della controparte a un decreto ingiuntivo del valore di oltre 100mila euro.
Il Consiglio Nazionale Forense (CNF), con la sentenza n. 134/2024, ha confermato la sanzione disciplinare decisa dal Consiglio Distrettuale di Disciplina di Brescia, respingendo il ricorso del legale.
Secondo il CNF, infatti, la mancata verifica della PEC, soprattutto sapendo che la controparte avrebbe potuto presentare un'opposizione, rappresenta una chiara manifestazione di negligenza. Questo comportamento integra la fattispecie di cui all'art. 26, comma 3, del Codice Deontologico Forense, che recita testualmente: “Costituisce violazione dei doveri professionali il mancato, ritardato o negligente compimento di atti inerenti al mandato o alla nomina, quando derivi da non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita”. La norma richiamata, quindi, punisce il mancato o negligente compimento di atti legati al mandato professionale, quando c'è un'evidente e non giustificabile trascuratezza degli interessi del cliente.

L'avvocato accusato aveva cercato di difendersi, affermando che si era trattato semplicemente di una “svista”. Tuttavia, per il CNF, tale affermazione è solo un tentativo di mascherare un comportamento negligente, che è stato ben documentato. Inoltre, l’avvocato aveva ripetutamente negato al proprio cliente l'esistenza dell’opposizione al decreto, “così continuando a fornire una falsa rappresentazione della realtà fattuale, ma soprattutto dichiarando l’incapacità di assumersi la responsabilità della c.d. svista”.
La decisione del CNF evidenzia che la negligenza del legale è stata causata da un totale disinteresse per il destino del suo assistito, andando ben al di sotto dello standard minimo di diligenza media richiesto. L’avvocato ricorrente, infatti, era perfettamente consapevole della possibilità che la controparte presentasse un'opposizione, motivo per il quale avrebbe dovuto prestare maggiore attenzione al controllo delle comunicazioni via PEC.

Inoltre, il comportamento del legale ha violato gli artt. 9, 10 e 12 del Codice Deontologico. La gravità della condotta emerge dal fatto che l'avvocato non si è costituito nel giudizio di opposizione. In aggiunta, i consigli che l’avvocato ha fornito al cliente erano volti a nascondere le reali responsabilità derivanti dalla “svista” e, al riguardo, il CNF ha ritenuto insensato pensare che fornire consigli poco chiari o confusi potesse in qualche modo giustificare un comportamento negligente. L'ammissione di una distrazione o confusione, secondo il Consiglio, non può essere considerata una scusante per l'atteggiamento superficiale del legale. La confusione o la svista non annullano la responsabilità dell'avvocato nel gestire, con la dovuta attenzione, gli interessi del cliente, rendendo inaccettabile l'idea che tali errori possano essere considerati un’esimente.
Tanto premesso, il CNF ha ritenuto giusta la sanzione, anche considerando il danno subito, senza dare peso alle successive azioni del nuovo difensore o all’esito dell’appello presentato. Inoltre, il richiamo allo stato di insolvibilità del debitore è stato giudicato irrilevante.


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