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Assegno di mantenimento nelle unioni civili, spetta ugualmente, ma non è automatico: ecco le condizione per la Cassazione

Assegno di mantenimento nelle unioni civili, spetta ugualmente, ma non è automatico: ecco le condizione per la Cassazione
Quando si conclude un’unione civile, il diritto al mantenimento non è garantito automaticamente. La Corte di Cassazione ha chiarito quali condizioni devono essere soddisfatte
Le unioni civili, regolamentate dalla legge n. 76 del 2016 (c.d. legge Cirinnà), rappresentano una forma di convivenza "ufficiale" tra due persone dello stesso sesso. Queste unioni offrono diritti e doveri simili a quelli del matrimonio tra coppie eterosessuali, con alcune differenze significative. Ad esempio, l’obbligo di fedeltà, presente nel matrimonio, non è previsto nelle unioni civili.
Quando un’unione civile finisce, il diritto all’assegno di mantenimento non è scontato. L’art. 1, comma 25 della legge Cirinnà prevede che l’assegno di mantenimento per le unioni civili segua le stesse regole di quello per il divorzio, come stabilito dalla Legge sul divorzio.
In pratica, ciò significa che l’eventuale contributo economico tra ex partner deve essere trattato in modo simile a quello previsto per gli ex coniugi.
Quando non è dovuto l’assegno di mantenimento
La Corte di Cassazione, attraverso l’ordinanza n. 24930/2024, ha specificato che l’assegno di mantenimento:
  • non è garantito automaticamente alla fine dell’unione civile;
  • richiede una valutazione delle condizioni economiche di entrambi gli ex partner.

L’assegno di mantenimento ha una funzione assistenziale, compensativa e perequativa. Ciò significa che viene riconosciuto solo se chi lo richiede dimostra di non avere mezzi sufficienti e di non poterli ottenere per ragioni oggettive. Se entrambi gli ex partner si trovano in situazioni economiche fragili o comparabili, l’obbligo di mantenimento non viene imposto.
L'ordinanza della Corte di Cassazione richiama anche l'art. 5 della legge n. 898/1970. Tale norma stabilisce che un coniuge deve corrispondere un assegno all’altro solo se quest’ultimo non dispone di mezzi adeguati o non è in grado di procurarseli per motivi oggettivi.
Tale posizione era già stata espressa nella sentenza n. 11504 del 2017, che affermava che l’assegno non deve servire come rendita per compensare la fine della relazione.
La Cassazione ha precisato che il contributo economico deve essere visto come uno strumento di solidarietà e deve essere limitato ai casi in cui c'è un effettivo squilibrio tra le condizioni economiche degli ex partner.
Come viene valutata la condizione economica?
Come abbiamo visto, la determinazione del diritto all’assegno di mantenimento a conclusione delle unioni civili implica un confronto tra le situazioni economiche e patrimoniali di entrambi gli ex partner. La Corte suggerisce di prendere in considerazione vari elementi:
  • contributo alla vita familiare: l’apporto di ciascun partner durante la convivenza, compreso il lavoro domestico e di cura della famiglia;
  • patrimonio accumulato: la partecipazione alla creazione di beni comuni o personali;
  • durata dell’unione civile: un’unione più lunga potrebbe giustificare la richiesta di mantenimento.


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