Il Tribunale di Ancona, con sentenza n. 812/2022, ha riconosciuto il diritto di una moglie alla corresponsione dell’assegno di
mantenimento per sé.
Il marito si era opposto in giudizio alla richiesta della moglie, sostenendo che quest’ultima, oltre a svolgere attività lavorativa, disponeva di altre entrate, percependo tra l’altro il reddito di cittadinanza e lavorando in nero come collaboratrice domestica.
La sentenza ha, dapprima, compiuto un breve excursus sui presupposti del diritto del coniuge al mantenimento, ricordando “la necessità di far riferimento, nella valutazione dei presupposti del contributo, non già ad una situazione di bisogno, bensì alla mancanza di redditi sufficienti ad assicurare al coniuge il tenore di vita di cui godeva durante la convivenza matrimoniale”.
Il tribunale ha richiamato il costante insegnamento della
Corte di Cassazione, secondo cui "
la separazione personale, a differenza dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, sicché i "redditi adeguati" cui va rapportato, ai sensi dell'art. 156 c.c., l'assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell'addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell'assegno di divorzio (Cass. 24 giugno 2019, n. 16809; Cass. 16 maggio 2017, n. 12196)" (cfr. Cass. n. 24050 del 06/09/2021)".
Ciò premesso, il tribunale ha ribadito che l'
onere di provare la sussistenza dei presupposti per beneficiare dell'assegno grava sul coniuge richiedente, citando anche qui, però, la giurisprudenza della Suprema Corte, secondo la quale il coniuge, “
pur essendo onerato della prova di impossidenza di sostanze o di redditi, non è tenuto a darne dimostrazione specifica e diretta, essendo sufficiente che deduca anche implicitamente una condizione inadeguata a mantenere il precedente tenore di vita, ferma restando la possibilità dell'altro coniuge di contestare la pretesa inesistenza o insufficienza di reddito o sostanze, indicando beni o proventi che evidenzino l'infondatezza della domanda" (cfr. Cass. n. 17136 del 27.08.2004; Cass. n. 1691 del 17.02.1987).
In concreto, nel decidere sulla sussistenza del diritto al mantenimento, la sentenza in esame ha valorizzato la circostanza che la donna si occupasse del nipote affidato a lei e al marito dal Tribunale per i Minorenni, facendo fronte a tutte le esigenze quotidiane del bambino.
Pertanto, secondo il Tribunale di Ancona, “se da un lato la ricorrente è concretamente inserita nel mondo lavorativo e, tenuto conto delle varie entrate, percepisce un reddito mensile che, qualora fosse sola, le consentirebbe di vivere adeguatamente, dall'altro lato non si può non considerare che deve anche provvedere al mantenimento del minore A., per il quale aveva confidato anche nel contributo del marito, sicché le va riconosciuto il diritto a percepire una somma a titolo di mantenimento, che le consenta di poter affrontare con maggiore sicurezza e tranquillità le proprie imprescindibili esigenze di vita e conservare un tenore di vita analogo a quello beneficiato in costanza di matrimonio”.