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L'amministratore di condominio ipotizza la responsabilità di un condomino per infiltrazioni: il condomino ha diritto al risarcimento per danno alla reputazione?

L'amministratore di condominio ipotizza la responsabilità di un condomino per infiltrazioni: il condomino ha diritto al risarcimento per danno alla reputazione?
Il condomino che si senta diffamato a seguito di una lettera inviata ai condomini dall'amministratore di condominio ha diritto al risarcimento solo se prova la volontà dell'amminsitratore stesso di nuocere alla sua reputazione.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 29598 dell’11 dicembre 2017, si è occupata di un’altra interessante questione in ambito condominiale.

Il caso sottoposto all’esame della Cassazione ha visto come protagonista un condomino, che aveva agito in giudizio nei confronti dell’amministratore di condominio, al fine di ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale subito, a causa della condotta diffamatoria posta in essere dallo stesso.

Il condomino, in particolare, aveva fondato la propria pretesa sul fatto che l’amministratore di condominio, in una lettera indirizzata a tutto il condominio, aveva ipotizzato che le radici delle piante di proprietà del condomino fossero state la causa delle infiltrazioni nella guaina impermeabilizzante del condominio.

La domanda risarcitoria era stata rigettata sia in primo che in secondo grado, dal momento che, secondo la Corte d’appello, la riconducibilità delle infiltrazioni alle piante del condominoera stata solo congetturata dall'amministratore”, con la conseguenza che non poteva dirsi dimostrata la volontà dell’amministratore stesso di nuocere alla reputazione del condomino.

Evidenziava la Corte, peraltro, che il condomino non aveva nemmeno dimostrato che la sua reputazione fosse, in concreto, stata compromessa.

Ritenendo la decisione ingiusta, il condomino aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.

Osservava il ricorrente, in proposito, che la Corte d’appello non avrebbe dato corretta applicazione agli artt. 2043 e 2059 c.c., in quanto l’amministratore di condominio non si sarebbe “limitato ad ipotizzare una ‘responsabilità delle radici’”, ma avrebbe prefigurato la responsabilità del condomino “tale da comportare che i costi fossero a carico di chi aveva cagionato il danno”.

La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter aderire alle considerazioni svolte dal condomino, rigettando il relativo ricorso, in quanto inammissibile.

Evidenziava la Cassazione, infatti, che il giudice d’appello aveva, del tutto adeguatamente, motivato la propria decisione e che il ricorrente si era limitato “ad enumerare una serie di circostanze fattuali”, che erano già stato oggetto di esame da parte del giudice di secondo grado.

Ricordava, in proposito, la Corte, che “il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione”, essendo “inammissibile il ricorso nel quale non venga precisata la violazione di legge nella quale sarebbe incorsa la pronunzia di merito”.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dal condomino, confermando integralmente la sentenza oggetto di impugnazione.


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