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E' ammessa una "pregiudiziale tributaria" nel processo penale?

E' ammessa una "pregiudiziale tributaria" nel processo penale?
Il giudice penale può discostarsi dalle conclusioni raggiunte in sede di conciliazione tra Fisco e contribuente.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 31002 del 16 luglio 2019, ha affrontato il tema dell'autonomia del giudice penale in relazione alla cosiddetta pregiudiziale "tributaria".
In particolare, è stato affermato che, collocandosi il processo penale e quello civile su piani distinti, il giudice penale non è in alcun modo vincolato alle conclusioni raggiunte tramite accordi conciliativi tra contribuente ed erario.

L'ammontare dell'imposta evasa non costituisce un limite per l'adozione di un provvedimento cautelare preordinato alla confisca.
Effettivamente, il giudice penale compie un accertamento dei fatti autonomo e indipendente, attraverso strumenti probatori che sono tipici di quel particolare tipo di processo.
Ammettere che il profitto quantificato in sede di conciliazione tra Fisco e contribuente sia vincolante ai fini dell'emanazione o del mantenimento di un provvedimento cautelare, significherebbe vincolare il giudice penale, costringendolo ad attenersi ad una pregiudizialità "tributaria" che però non è prevista in alcun modo dall'ordinamento giuridico.

Più nello specifico, le valutazioni operate dal Fisco sull'ammontare dell'imposta evasa, rilevanti ai fini della determinazione del profitto confiscabile, non possono coincidere con gli apprezzamenti operati in sede penale.
La conciliazione con il Fisco, infatti, è ispirata ad una logica, che è quella del favor conciliationis, del tutto differente rispetto a quella dell'accertamento del reato.

L'Agenzia delle Entrate, invero, tende ad assicurarsi, attraverso scelte discrezionali, una rapida e sicura riscossione delle imposte, attraverso un giudizio prognostico che si basa sul "buon grado di attendibilità" della società la quale, pur avendo presentato al Fisco una contabilità inverosimile e incongrua, risulti, nondimeno, complessivamente affidabile.

Tuttavia, è evidente come logiche premiali ed incentivanti di questo tipo non possano trovare spazio all'interno di un processo, come quello penale, che è invece preordinato all'efficace repressione dei reati e alla giusta punizione dei colpevoli.
Proprio per questo motivo, la Corte di Cassazione ha ribadito che il giudice penale ben può discostarsi dalle quantificazioni operate in sede di conciliazione con l'Agenzia delle Entrate, allorquando specifici elementi di fatto lo persuadano in tal senso.

E' proprio la funzione sanzionatoria e repressiva, oltre che rieducativa, della pena comminata all'esito del processo penale, basato su una corretta e fedele ricostruzione della vicenda, che consente al giudice penale di operare un'analisi dei fatti e una valutazione delle conseguenze da adottare del tutto autonoma e svincolata dagli accertamenti operati in altre sedi, dove le finalità perseguite sono del tutto eterogenee.



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