AUTORE:
Michele Stanzione
ANNO ACCADEMICO: 2022
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi di Milano
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
Un problema attuale che coinvolge sia la dottrina sia la giurisprudenza a livello europeo, ma anche quello interno, è la questione relativa alla natura giuridica delle sanzioni amministrative e delle relative garanzie sostanziali e processuali. Il dibattito che ormai si trascina nella giurisprudenza della Corte europea dei Diritti dell’uomo e della Corte europea di Giustizia perdura ormai dalla seconda metà degli anni settanta del secolo scorso ne testimonia l’essenziale importanza. Inoltre, l’analisi di alcune sentenze considerate pietre miliari della materia, insieme a cruciali interventi dottrinali di autorevoli autori, permettono di esaminare, in particolare, la funzione e i poteri del giudice amministrativo che dovrebbe essere garante del processo; l’intervento delle Autorità Indipendenti in merito ai loro poteri d’istruttoria nell’indagine e delle conseguenti sanzioni emanate successivamente; nonché l’evoluzione dell’orientamento dei maggiori tribunali italiani in merito.
Nel presente elaborato si cercherà di analizzare i tratti fondamentali di questa problematica, coniugando le sentenze più importanti ai pareri dei maggiori esperti in materia, in modo da comprenderne la concretezza e l’attualità. La tesi analizza, in particolare, le garanzie procedimentali previste dall’art. 41 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, o, più brevemente, Carta di Nizza, il quale dispone che ogni persona ha il diritto ad una buona amministrazione, con tutto ciò che ne comporta. Oltre che, naturalmente, all’art. 6 CEDU, il quale prevede la possibilità di godere di un equo processo; ottenere un ragionevole termine di durata dello stesso; disporre del diritto ad essere giudicati da un tribunale equo e imparziale ed essere considerati innocenti e non colpevoli, almeno fino alla fine del processo; oltre a alcune garanzie processuali e procedimentali per poter facilitare ogni frangente del processo stesso al cittadino. La Corte EDU, oltre a basarsi sui criteri normativi, ne ha elaborato anche alcuni giurisprudenziali: tra questi, i “criteri Engel”, i quali consistono nel considerare di natura penale una sanzione amministrativa dotata di particolari caratteristiche; la classificazione di sanzione penale da parte dell’organo dello Stato che lo ha giudicato, ossia la one-way autonomy; il principio del ne bis in idem e il doppio binario. Si vedrà poi l’orientamento delle Corti italiane in merito.
Non è tutto: la Corte di Strasburgo adotta anche l’art. 7 della CEDU ai fini del proprio scopo. In questo modo si predilige abbracciare il senso funzionale del provvedimento amministrativo punitivo piuttosto che formale. Inoltre, per garantire al cittadino la prevedibilità della punizione è necessaria una prevedibilità reale delle conseguenze del proprio comportamento. Vedremo come, per poter applicare la norma in modo efficace, il divieto di interpretazione estensiva e l’applicazione della retroattività in bonam partem siano considerati tasselli indispensabili. È bene ricordare che l’art. 6 CEDU ricopre un ruolo primario nel nostro ordinamento (in quanto norma integratrice dell’art. 117, comma 1, Cost.) stabilendo così il diritto al giusto processo. Per questo motivo la sede del procedimento amministrativo sanzionatorio, disciplinato attualmente dalla legge n. 689 del 1981, appare l’unica idonea per realizzarlo. Ed è sempre in questa sede che le garanzie promesse devono trovare luogo. Una compensazione ex post di ciò che è mancato nel primo grado di giudizio pare sufficiente a sanare l’intero processo.
La compensazione ex post, oltretutto, per poter essere ottenuta, deve essere dimostrata provando le violazioni dell’art. 6 CEDU, il che si rivela una procedura lunga e non semplice. Un altro aspetto del processo da prendere in considerazione è l’utilizzo dell’art. 21-octies della legge n. 241 del 1990 da parte dei giudici amministrativi, tramite il quale vengono “sanati” tutti i vizi formali degli atti emanati dall’Amministrazione. Si è arrivati così a concepire il concetto di full jurisdiction, cioè il sindacato pieno ed effettivo sui deficit delle prime fasi del processo amministrativo: si consente in questa sede di rimediare alla violazione delle garanzie sancite dall’art. 6 CEDU ad una fase giudiziale successiva. Fase esercitata in un tribunale, inteso però secondo la definizione della CEDU, ossia l’unico luogo dotato di particolari caratteristiche: indipendenza e imparzialità, il quale deve essere in grado di sostenere un riesame in toto della controversia. Ed è qui che si incontra una nuova problematica: il giudizio di riesame risulta efficace o c’è il rischio di incontrare nuovi ostacoli? Sempre tenendo in considerazione sullo sfondo il contenuto dell’art. 47 della Carta di Nizza, il quale garantisce il diritto ad un ricorso effettivo e a un giudice imparziale.
Nel presente elaborato si cercherà di analizzare i tratti fondamentali di questa problematica, coniugando le sentenze più importanti ai pareri dei maggiori esperti in materia, in modo da comprenderne la concretezza e l’attualità. La tesi analizza, in particolare, le garanzie procedimentali previste dall’art. 41 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, o, più brevemente, Carta di Nizza, il quale dispone che ogni persona ha il diritto ad una buona amministrazione, con tutto ciò che ne comporta. Oltre che, naturalmente, all’art. 6 CEDU, il quale prevede la possibilità di godere di un equo processo; ottenere un ragionevole termine di durata dello stesso; disporre del diritto ad essere giudicati da un tribunale equo e imparziale ed essere considerati innocenti e non colpevoli, almeno fino alla fine del processo; oltre a alcune garanzie processuali e procedimentali per poter facilitare ogni frangente del processo stesso al cittadino. La Corte EDU, oltre a basarsi sui criteri normativi, ne ha elaborato anche alcuni giurisprudenziali: tra questi, i “criteri Engel”, i quali consistono nel considerare di natura penale una sanzione amministrativa dotata di particolari caratteristiche; la classificazione di sanzione penale da parte dell’organo dello Stato che lo ha giudicato, ossia la one-way autonomy; il principio del ne bis in idem e il doppio binario. Si vedrà poi l’orientamento delle Corti italiane in merito.
Non è tutto: la Corte di Strasburgo adotta anche l’art. 7 della CEDU ai fini del proprio scopo. In questo modo si predilige abbracciare il senso funzionale del provvedimento amministrativo punitivo piuttosto che formale. Inoltre, per garantire al cittadino la prevedibilità della punizione è necessaria una prevedibilità reale delle conseguenze del proprio comportamento. Vedremo come, per poter applicare la norma in modo efficace, il divieto di interpretazione estensiva e l’applicazione della retroattività in bonam partem siano considerati tasselli indispensabili. È bene ricordare che l’art. 6 CEDU ricopre un ruolo primario nel nostro ordinamento (in quanto norma integratrice dell’art. 117, comma 1, Cost.) stabilendo così il diritto al giusto processo. Per questo motivo la sede del procedimento amministrativo sanzionatorio, disciplinato attualmente dalla legge n. 689 del 1981, appare l’unica idonea per realizzarlo. Ed è sempre in questa sede che le garanzie promesse devono trovare luogo. Una compensazione ex post di ciò che è mancato nel primo grado di giudizio pare sufficiente a sanare l’intero processo.
La compensazione ex post, oltretutto, per poter essere ottenuta, deve essere dimostrata provando le violazioni dell’art. 6 CEDU, il che si rivela una procedura lunga e non semplice. Un altro aspetto del processo da prendere in considerazione è l’utilizzo dell’art. 21-octies della legge n. 241 del 1990 da parte dei giudici amministrativi, tramite il quale vengono “sanati” tutti i vizi formali degli atti emanati dall’Amministrazione. Si è arrivati così a concepire il concetto di full jurisdiction, cioè il sindacato pieno ed effettivo sui deficit delle prime fasi del processo amministrativo: si consente in questa sede di rimediare alla violazione delle garanzie sancite dall’art. 6 CEDU ad una fase giudiziale successiva. Fase esercitata in un tribunale, inteso però secondo la definizione della CEDU, ossia l’unico luogo dotato di particolari caratteristiche: indipendenza e imparzialità, il quale deve essere in grado di sostenere un riesame in toto della controversia. Ed è qui che si incontra una nuova problematica: il giudizio di riesame risulta efficace o c’è il rischio di incontrare nuovi ostacoli? Sempre tenendo in considerazione sullo sfondo il contenuto dell’art. 47 della Carta di Nizza, il quale garantisce il diritto ad un ricorso effettivo e a un giudice imparziale.