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Articolo 547 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Dichiarazione del terzo

Dispositivo dell'art. 547 Codice di procedura civile

Con dichiarazione (1) a mezzo raccomandata inviata al creditore procedente o trasmessa a mezzo di posta elettronica certificata, il terzo, personalmente o a mezzo di procuratore speciale (2) o del difensore munito di procura speciale, deve specificare di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso (3) e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna [553] (4).

Deve altresì specificare i sequestri (5) precedentemente eseguiti presso di lui e le cessioni (6) che gli sono state notificate o che ha accettato [678; c.c. 1264] (7) (8).

Il creditore pignorante deve chiamare nel processo il sequestrante nel termine perentorio fissato dal giudice (9).

Note

(1) Sia in dottrina che in giurisprudenza vi è un'unanimità di vedute circa la natura della dichiarazione di cui alla norma in esame, la quale viene considerata una dichiarazione confessionale poiché ha ad oggetto fatti sfavorevoli a chi la rende (in quanto nessuno riconoscerebbe di avere debiti se ciò non fosse vero) e favorevoli all'avversario. Pertanto, viene ammessa la sua revocabilità soltanto per errore di fatto e violenza, sempreché non sia già intervenuta l'ordinanza di assegnazione, con la quale si conclude la procedura esecutiva, precludendo al terzo la possibilità di dedurre tali vizi.
(2) Nella procedura esecutiva il terzo non riveste il ruolo di parte e pertanto può stare in giudizio senza la necessaria assistenza di un difensore. Da ciò deriva il mancato riconoscimento del diritto al rimborso delle spese eventualmente sostenute per la difesa.
(3) Nella dichiarazione che deve rilasciare, il terzo ha l'obbligo di fornire tutti gli elementi che possano consentire la precisa individuazione delle cose possedute, nonché specificare la causa per cui queste si trovano presso di lui. Per quanto riguarda i crediti, il terzo deve indicare gli elementi soggettivi, oggettivi e causali.
(4) Comma così sostituito dal D.L. 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 novembre 2014, n. 162.
(5) Il sequestro a cui la norma si riferisce è quello conservativo, poiché è il solo strumento che legittima il creditore sequestrante, intervenuto nella procedura espropriativa, a partecipare con gli altri creditori alla distribuzione della somma ricavata.
(6) Nella dichiarazione, il terzo è obbligato inoltre ad indicare solamente le cessioni anteriori al pignoramento, in quanto quelle successive, ai sensi dell'art. 2914 n. 2 c.c., non hanno effetto in pregiudizio del creditore procedente e di quelli intervenuti nella procedura espropriativa.
(7) L'obbligo per il terzo di specificare quanto richiesto dalla norma è previsto per dare modo al creditore procedente di fare intervenire nella procedura esecutiva i creditori sequestranti e pignoranti. Nell'ipotesi in cui il terzo ometta di indicare i sequestri e i pignoramenti eseguiti presso di lui, impedendo la chiamata del sequestrante o del pignorante, dovrà risarcire i danni cagionati a questi ultimi ai sensi dell'art. 2043 c.c.
(8) Quando si verifica un'ipotesi di conflitto tra assegnatario e cessionario del credito pignorato, prevale quest'ultimo se la cessione è anteriore alla assegnazione.
(9) La mancata citazione del sequestrante (o del pignorante) nel termine perentorio assegnato dal giudice determina, ai sensi dell'art. 630 c.p.c., la estinzione della procedura.

Ratio Legis

La norma in analisi indica l'importanza del ruolo che riveste la dichiarazione del terzo debitore nel pignoramento presso terzi. Infatti, la dichiarazione del terzo svolge la funzione di accertare la esistenza del credito (precisandone l'entità) o la appartenenza del bene pignorato al patrimonio del debitore escusso (determinandolo specificamente) rilevando come elemento perfezionativo del pignoramento presso terzi, rendendolo efficace, salvo contestazioni di cui all'art. 548 del c.p.c.. La dichiarazione si deve riferire alla situazione debitoria esistente al momento in cui viene resa, avendo riguardo anche ai debiti contratti o maturati in epoca successiva alla notifica dell'atto di pignoramento.

Spiegazione dell'art. 547 Codice di procedura civile

Ricevuta la notifica dell’atto di pignoramento, il terzo con dichiarazione da inviare al creditore procedente a mezzo di raccomandata o trasmessa a mezzo di posta elettronica certificata, sia personalmente che avvalendosi di un procuratore speciale o del difensore munito di procura speciale, deve specificare:
  1. di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso;
  2. quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna.
Nella procedura esecutiva il terzo non riveste il ruolo di parte e pertanto può stare in giudizio senza la necessaria assistenza di un difensore.

Circa la natura giuridica della dichiarazione del terzo, si sono sviluppate le seguenti tesi:
  1. tesi della confessione giudiziale: trattasi di una tesi prevalente sotto il codice abrogato, allorquando si riteneva comunemente che la citazione notificata al terzo desse vita ad un vero processo cognitivo, destinato a concludersi con una sentenza contenente anche l'accertamento giudiziale del credito aggredito, e nel quale il terzo debitore medesimo assumeva la qualità di parte.
  2. tesi della dichiarazione come riconoscimento del debito: tale tesi, tuttavia, non convince per la difficoltà di individuare il soggetto a cui il riconoscimento sarebbe rivolto;
  3. tesi della dichiarazione del terzo come dichiarazione di scienza: la dichiarazione del terzo sarebbe una dichiarazione di scienza rilevante ai fini esecutivi, in quanto consentirebbe di accertare l'esistenza del credito meramente affermata dal creditore procedente e di determinarlo puntualmente, laddove il creditore può limitarsi ad una generica individuazione.

Nella dichiarazione che deve rilasciare, il terzo ha l'obbligo di fornire tutti gli elementi che possano consentire la precisa individuazione delle cose possedute, nonché deve specificare la causa per cui queste si trovano presso di lui.
Per quanto riguarda i crediti, il terzo deve indicare gli elementi soggettivi, oggettivi e causali.

Oltre a quanto detto sopra, il terzo deve anche specificare i sequestri precedentemente eseguiti presso di lui e le cessioni che gli sono state notificate o che ha accettato.
Con specifico riferimento alle cessioni, il terzo è obbligato ad indicare solamente le cessioni anteriori al pignoramento, in quanto quelle successive, ai sensi dell'art. 2914 n. 2 c.c., non hanno effetto in pregiudizio del creditore procedente e di quelli intervenuti nella procedura espropriativa.
Se dovesse verificarsi un'ipotesi di conflitto tra assegnatario e cessionario del credito pignorato, sarebbe quest'ultimo a prevalere se trattasi di cessione anteriore alla assegnazione.

Qualora venga resa dichiarazione relativa ad un sequestro, il creditore pignorante deve chiamare nel processo il sequestrante entro il termine perentorio che lo stesso giudice dell’esecuzione fisserà.
Il sequestro, a cui la norma si riferisce, è quello conservativo, poiché è il solo strumento che legittima il creditore sequestrante, intervenuto nella procedura espropriativa, a partecipare con gli altri creditori alla distribuzione della somma ricavata.

Nell'ipotesi in cui il terzo ometta di indicare i sequestri e i pignoramenti eseguiti presso di lui, impedendo la chiamata del sequestrante o del pignorante, dovrà risarcire i danni cagionati a questi ultimi ai sensi dell'art. 2043 c.c.

Si ritiene possa essere utile precisare che il termine di dieci giorni previsto dall’art. 543 c.p.c. per l'invio della raccomandata comincia a decorrere dalla notifica al terzo del pignoramento e non ha carattere perentorio, nel senso che la dichiarazione è valida ed efficace anche se giunge dopo la sua scadenza purché in tempo utile per l'udienza, che comunque dovrà tenersi per consentire al debitore esecutato di fare le sue osservazioni ed al creditore procedente di avanzare le richieste e le istanze conseguenti all'esito del pignoramento.

È inoltre da ritenere che il terzo abbia comunque la facoltà di comparire personalmente in udienza, anche se non abbia fatto la comunicazione scritta, o quanto meno per rendere una dichiarazione modificativa di quella precedentemente fornita in conformità all'invito ricevuto dal creditore, vuoi per rettificare eventuali errori, vuoi per dar conto della sopravvenuta insorgenza di un credito.

Massime relative all'art. 547 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 5489/2019

In tema di espropriazione presso terzi, il terzo pignorato che si avveda dell'erroneità della dichiarazione resa ai sensi dell'art. 547 c.p.c. può farla valere mediante l'opposizione ai sensi dell'art. 617 c.p.c. avverso l'ordinanza ex art. 553 c.p.c., a condizione che abbia tempestivamente emendato, mediante revoca o rettifica, la dichiarazione ritenuta affetta da errore e il giudice dell'esecuzione abbia, ciò non di meno, disposto l'assegnazione.

Cass. civ. n. 23631/2018

Nell'espropriazione presso terzi, l'indicazione dell'esistenza di un vincolo di destinazione che può determinare l'impignorabilità del credito aggredito in via esecutiva, non fa venir meno il carattere di positività della dichiarazione resa dal terzo ai sensi dell'art. 547 c.p.c., e comunque il terzo debitore dell'esecutato non è legittimato a far valere la predetta impignorabilità, neanche sotto il profilo dell'esistenza di vincoli di destinazione, essendo tale questione relativa al rapporto tra creditore esecutante e debitore esecutato, al quale soltanto spettano gli appositi rimedi oppositivi previsti dalla legge.

Cass. civ. n. 5037/2017

Nell'espropriazione presso terzo, qualora la dichiarazione da questi resa, ai sensi dell'art. 547 c.p.c., risulti, in esito al successivo giudizio di accertamento contemplato dall'art. 549 c.p.c., reticente od elusiva, sì da favorire il debitore ed arrecare pregiudizio al creditore istante, a carico di detto terzo deve ritenersi configurabile non la responsabilità processuale aggravata di cui all'art. 96 c.p.c. (dato che egli, al momento di quella dichiarazione, non ha ancora la qualità di parte), ma, con riguardo al dovere di collaborazione nell'interesse della giustizia che al terzo incombe quale ausiliario del giudice, la responsabilità per illecito aquiliano, a norma dell'art. 2043 c.c., in relazione alla lesione del credito altrui per il ritardo nel conseguimento del suo soddisfacimento provocato con quel comportamento doloso o colposo.

In tema di espropriazione presso terzi, il terzo pignorato, nel rendere la dichiarazione ex art. 547 c.p.c., deve fornire indicazioni complete e dettagliate dal punto di vista oggettivo, in modo da consentire l’identificazione dell’oggetto della prestazione dovuta al debitore esecutato, compresi il titolo ed il “quantum” del credito pignorato; invece, dal punto di vista soggettivo, è necessario e sufficiente che dichiari quali siano i rapporti intrattenuti soltanto col soggetto che nell’atto di pignoramento è indicato come debitore sottoposto ad esecuzione, atteso che l’ambito soggettivo della dichiarazione del terzo è delimitato dall’ampiezza della direzione soggettiva dell’atto di pignoramento, rivolto sia nei confronti del terzo pignorato che del debitore esecutato, in base al titolo esecutivo azionato.

Cass. civ. n. 3851/2011

Nella espropriazione di crediti presso terzi, ove il terzo nel rendere la dichiarazione di cui all'art. 547 cod. proc. civ. dichiari che il credito è già stato in parte pignorato ed assegnato, ma non fornisca gli elementi essenziali per determinare l'entità e la scadenza di tale precedente assegnazione, il creditore che pignori per secondo il medesimo credito ha l'onere di impugnare nelle forme prescritte tale dichiarazione, se vuole far accertare la consistenza della prima assegnazione. Ove, invece, il creditore pignorante per secondo ciò non faccia, chiedendo puramente e semplicemente l'assegnazione del credito pignorato, egli accetta il rischio derivante dalle predette carenze e consistente nell'incertezza della data di effettiva e totale estinzione del precedente debito; in tal caso, mancando nel titolo esecutivo elementi univoci idonei alla puntuale determinazione della precedente assegnazione, occorre far riferimento all'entità oggettiva del credito precedente, da accertarsi anche con apposita apposita opposizione all'esecuzione intentata contro il terzo debitore costituito debitore del creditore originario con l'ordinanza di assegnazione.

Cass. civ. n. 12259/2009

In tema di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali avente ad oggetto somme giacenti presso il tesoriere, effettuata ai sensi dell'art. 159 del D.L.vo n. 267 del 2000, la comparizione personale del debitore all'udienza fissata per la dichiarazione di quantità da parte del terzo, al fine di contestare la pignorabilità delle somme esistenti presso il tesoriere, non può considerarsi elemento indefettibile della fattispecie, pur assumendo egli la veste di litisconsorte necessario e, quindi, di soggetto necessariamente da evocare in siffatto tipo di procedimento.

Cass. civ. n. 23727/2008

In tema di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali avente ad oggetto somme giacenti presso il tesoriere, questi, in quanto ausiliare del giudice, ha il dovere di precisare nella dichiarazione prevista dall'art. 547 c.p.c. se esistono presso di lui somme di cui è debitore verso l'ente locale, nonché quale ne è la condizione in rapporto alla delibera di destinazione a lui notificata ed ai pagamenti successivi; in caso di assenza dell'ente locale debitore, il giudice, sulla base di tale dichiarazione e della documentazione depositata, può, anche d'ufficio, dichiarare la nullità del pignoramento, ove accerti che è caduto su somme destinate alle finalità di cui all'art. 159, comma 2, del D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267, che le stesse sono contemplate dalla delibera di preventiva quantificazione adottata dall'organo esecutivo e notificata al tesoriere, di cui al successivo comma 3, ed altresì che non sussiste la condizione preclusiva dell'impignorabilità delle somme prevista dalla sentenza della Corte costituzionale n. 211 del 2003 (emissione, dopo l'adozione della delibera indicata e la relativa notificazione al soggetto tesoriere dell'ente locale, di mandati a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l'ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell'ente stesso). In tal caso il creditore procedente che intenda far valere l'inefficacia del vincolo di destinazione può proporre opposizione agli atti esecutivi, e nel relativo giudizio è suo onere allegare gli specifici pagamenti per debiti estranei eseguiti successivamente alla delibera, mentre, in base al principio della vicinanza della prova, spetta all'ente locale provare che tali pagamenti sono stati eseguiti in base a mandati emessi nel rispetto del dovuto ordine cronologico.

Cass. civ. n. 4212/2007

Nell'espropriazione forzata che si svolge con le forme del pignoramento presso terzi, il terzo pignorato non si identifica con il soggetto passivo dell'esecuzione e quindi non è neppure normalmente legittimato a proporvi opposizione per far valere l'impignorabilità del bene, neanche sotto l'aspetto dell'esistenza di vincoli di destinazione. L'indicazione dell'esistenza di un vincolo di destinazione in occasione della dichiarazione resa dal terzo ai sensi dell'art. 547 c.p.c. non fa venir meno il carattere di positività della dichiarazione stessa. (Mass. redaz.).

Cass. civ. n. 19059/2006

Nel processo di espropriazione forzata mobiliare presso terzi la dichiarazione del terzo ex art. 547 c.p.c. è preordinata all'individuazione della cosa assoggettata ad espropriazione, se essa è positiva il processo di esecuzione può procedere verso l'ordinario esito della vendita o dell'assegnazione della cosa (art. 552 c.p.c.), non profilandosi la necessità del giudizio di accertamento dell'obbligo sul medesimo incombente ex art. 549 c.p.c., la cui funzione è di pervenire — attraverso l'accertamento giudiziale del diritto del debitore — a quella medesima individuazione. Non può considerarsi positiva una dichiarazione sostanziantesi nell'indicazione che la cosa oggetto di pignoramento risulta già costituita in pegno in favore di altri, giacché essa realizza il duplice effetto di rendere il creditore procedente edotto della circostanza che il bene oggetto del pignoramento è in realtà indisponibile, e di rendergli opponibile il contratto di pegno. Ne consegue che in presenza di una siffatta dichiarazione del terzo, il creditore pignorante non può limitarsi a meramente contestare la sussistenza della prelazione in una con l'efficacia verso i terzi dell'atto costitutivo del pegno, ma è tenuto, a pena di estinzione del procedimento ex art. 630 c.p.c., a promuovere l'incidentale ed autonomo giudizio di cognizione ex artt. 548 e 549 c.p.c., che anzi è unico legittimato a richiedere, in quanto solo in senso approssimativo esso ha ad oggetto il diritto di credito del debitore esecutato verso il terzo debitore, tenuto conto che il diritto di credito pignorato si «autonomizza» al momento in cui viene effettuato il pignoramento mediante la notificazione dell'atto ex art. 543 c.p.c., giacché pur essendo esso volto ad ottenere dal terzo debitore l'adempimento che costui doveva all'escusso, il creditore esecutante non agisce in nome e per conto di quest'ultimo (come chi esercita l'azione surrogatoria) né chiede di sostituirsi nella relativa posizione di (originario) creditore, bensì agisce iure proprio e nei limiti del proprio interesse. A domandare l'istruzione della causa di accertamento in questione non è invece legittimato il debitore esecutato che si veda contestata o non riconosciuta da parte del terzo l'esistenza di un suo credito, non potendo proporre nella sede esecutiva una domanda concernente l'esistenza non già del credito pignorato bensì del proprio credito verso il terzo qual esso è nel momento in cui il processo si svolge ( e pertanto concernente oggetto diverso da quello proprio del giudizio ex art. 548 c.p.c. ), che ben può proporre in un diverso, autonomo e separato processo.

Cass. civ. n. 19967/2005

In relazione alla disciplina dell'espropriazione presso terzi di cui agli artt. 543 e seguenti c.p.c., la dichiarazione resa dal terzo ai sensi dell'art. 547 c.p.c. deve includere, con riferimento alle posizioni giuridiche attive del lavoratore subordinato debitore esecutato, l'indicazione delle quote accantonate del trattamento di fine rapporto, in quanto intrinsecamente dotate di potenzialità satisfattiva futura, e corrispondenti ad un diritto certo e liquido di cui la cessazione del rapporto di lavoro determina solo l'esigibilità; qualora il terzo mantenga il silenzio in merito al trattamento di fine rapporto, dovuto per legge e di cui sono possibili anticipazioni soltanto parziali, la dichiarazione non va considerata come negativa, dovendo il giudice dell'esecuzione colmare la lacuna istruttoria in ordine al quantum debeatur chiamando il terzo a chiarimento onde ottenere risposta. (Nella specie, l'ordinanza del giudice dell'esecuzione aveva rigettato, considerando negativa la dichiarazione, l'istanza di assegnazione delle somme pignorate, mentre il tribunale aveva annullato detta ordinanza; la S.C. ha confermato detto provvedimento, rivedendone però la motivazione ex art. 384, comma secondo, c.p.c., con l'enunciazione del principio di diritto soprariportato).

Cass. civ. n. 5153/2004

Nell'ambito della esecuzione forzata mobiliare presso terzi, il terzo debitore ha facoltà di effettuare la dichiarazione di debito di cui all'art. 547 c.p.c. anche nel corso del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, che può aprirsi qualora egli non compaia dinanzi al giudice dell'esecuzione a rendere la propria dichiarazione nel corso dell'udienza all'uopo fissata nel procedimento di pignoramento presso terzi. Tale dichiarazione, ove resa nel corso del giudizio di cognizione, determina la cessazione della materia del contendere, in quanto rende superfluo ogni ulteriore accertamento dell'obbligo del terzo, salvo che non sia necessario proseguire il giudizio per il regolamento delle spese processuali.

Cass. civ. n. 17367/2003

La dichiarazione resa dal terzo ex art. 547 c.p.c. comporta il riconoscimento dell'esistenza del credito ed integra un accertamento costitutivo, che preclude definitivamente al terzo la possibilità di eccepire la non assoggettabilità del credito all'esecuzione.

Cass. civ. n. 6795/2003

In tema di espropriazione forzata presso terzi, qualora una banca che eserciti il servizio di tesoreria per conto di un Comune proceda al pignoramento di un credito vantato dal proprio debitore nei confronti di detto ente, che faccia parte del patrimonio indisponibile di quest'ultimo, deve osservare le forme del pignoramento presso terzi, dovendo la dichiarazione di cui all'art. 547, c.p.c., essere resa dal tesoriere, poiché sussiste per i crediti indisponibili una scissione tra debitor debitoris e soggetto tenuto a rendere siffatta dichiarazione, restando quindi esclusa l'ammissibilità del pignoramento a mani proprie ex art. 513, quarto comma, c.p.c.

Cass. civ. n. 3986/2003

In tema di pignoramento di crediti e di accertamento dell'obbligo del terzo, qualora il credito sia successivamente ceduto a terzi, il debitore ceduto, ove opponga che detto credito, in data anteriore alla cessione, sia stato assoggettato a sequestro, ben può opporre la propria impossibilità ad adempiere, invocando la propria posizione di terzo-custode del credito.

Cass. civ. n. 8855/2002

Nel procedimento di espropriazione presso terzi, la dichiarazione del terzo pignorato può intervenire anche nel giudizio di appello.

Cass. civ. n. 9782/1997

In tema di pignoramento di crediti e di accertamento dell'obbligo del terzo, qualora questo non neghi il proprio obbligo, ma opponga di non poter adempiere perché il credito è stato assoggettato a sequestro presso di lui, tale eccezione non attiene alla esistenza ed alla validità dell'obbligazione in questione, della quale, pertanto, non è necessario alcun accertamento giudiziale finalizzato alla condanna del terzo debitore, con la conseguenza che una eventuale domanda in tal senso del creditore, deve essere rigettata. L'eccezione fa, invece, valere obblighi che sul terzo debitore incombono come «custode» del bene sequestrato, e che lo stesso potrà opporre in sede esecutiva per paralizzare l'esercizio della relativa azione promossa dal suo creditore in base a titolo ottenuto nei suoi confronti.

Cass. civ. n. 2926/1997

Nell'espropriazione presso terzi non è contemplata e non deve quindi essere disposta una apposita udienza per l'audizione delle parti, prevista per l'espropriazione mobiliare e per quella immobiliare, rispettivamente dagli articoli 530 e 569 c.p.c., giacché nell'espropriazione presso terzi la sede nella quale le parti si incontrano per definire le rispettive posizioni è l'udienza destinata alla dichiarazione da parte del terzo ex art. 547 stesso codice.

Cass. civ. n. 5082/1996

Nel pignoramento presso terzi, la mancata contestazione del debitore sulla entità del credito indicato dal creditore procedente nella fase di individuazione del bene da vincolare, che si compie attraverso la complessa procedura indicata dagli artt. 547 e 548 c.p.c., non preclude la possibilità della opposizione del debitore medesimo nella fase di attuazione della pretesa del creditore, che si realizza con l'assegnazione del credito.

Cass. civ. n. 9888/1995

A seguito del pignoramento di somme di danaro dovute da un terzo al debitore, il terzo, citato per rendere la dichiarazione di cui all'art. 547 c.p.c., non diviene parte del giudizio, né assume l'obbligo, giuridicamente sanzionato, di rendere la menzionata dichiarazione, derivando dalla sua mancata comparizione all'udienza pretorile, dal rifiuto di fare la dichiarazione e dalle contestazioni che insorgano in ordine a quest'ultima, l'unica conseguenza che egli potrà subire un successivo ed eventuale giudizio volto all'accertamento del credito (art. 548 c.p.c.). Ne deriva che la mancata presentazione del terzo all'udienza pretorile o la sua mancata dichiarazione, oppure la sua omessa costituzione nel giudizio per l'accertamento del credito non costituiscono — diversamente dal caso in cui egli renda una dichiarazione altamente reticente od elusiva, che allontani nel tempo la realizzazione del credito fatta valere nel procedimento esecutivo — comportamenti antigiuridici per lui produttivi dell'obbligo di risarcire eventuali danni in favore del creditore esecutante, che, fino all'assegnazione, può tutelarsi facendo valere la responsabilità contrattuale del proprio debitore in mora, dal quale può pretendere gli interessi e l'eventuale maggior danno, a norma dell'art. 1224 c.c. (Nella specie, la S.C., in base all'enunciato principio, ha cassato la sentenza del giudice del merito, il quale, sul presupposto che il terzo, quale ausiliario del giudice, ha un dovere di collaborazione e che non è dato distinguere tra mancata dichiarazione e dichiarazione mendace o fuorviante, aveva condannato il terzo stesso a risarcire il danno nei confronti del creditore esecutante, per avere omesso di rendere la dichiarazione e per essersi poi reso contumace nel successivo giudizio di accertamento, ritardando così la definizione del procedimento esecutivo e cagionando un pregiudizio al creditore esecutante).

Cass. civ. n. 8669/1995

In caso di pignoramento presso terzi di un credito ammesso al passivo fallimentare, il curatore, per rendere la dichiarazione di cui all'art. 547 c.p.c., deve munirsi della preventiva autorizzazione del giudice delegato, ai sensi dell'art. 35 l. fall., e la mancata autorizzazione comporta l'annullabilità dell'atto, che può essere fatta valere, od eccepita, solo dal fallimento. I vizi della suddetta dichiarazione, compreso quello derivante dalla mancanza della menzionata autorizzazione, che si riflettano sul provvedimento finale di assegnazione del credito devono essere fatti valere, a pena di preclusione, nelle forme proprie del tipo procedimentale in cui l'atto inficiato di annullabilità si inserisce e nei termini concessi per la proposizione delle necessarie impugnazioni, in difetto delle quali l'ordinanza di assegnazione resta opponibile al terzo debitore dichiarante.

Cass. civ. n. 6124/1991

In tema di pignoramento presso terzi, la dichiarazione di cui all'art. 547 c.p.c. resa non dal preteso terzo debitore esecutato, personalmente o a mezzo di mandatario speciale, ma da altra persona non munita di specifico potere di rappresentanza, è inefficace senza che ne sia ammessa ratifica, in quanto, trattandosi di atto non negoziale, ma processuale, non è applicabile la normativa civilistica relativa ai contratti conclusi ed agli atti unilaterali aventi contenuto patrimoniale compiuti da un falsus procurator.

Cass. civ. n. 9407/1987

Nell'espropriazione presso terzo, qualora la dichiarazione da questi resa, ai sensi dell'art. 547 c.p.c., risulti, in esito al successivo giudizio di accertamento contemplato dall'art. 549 c.p.c., reticente od elusiva, sì da favorire il debitore ad arrecare pregiudizio al creditore istante, a carico di detto terzo deve ritenersi configurabile non la responsabilità processuale aggravata di cui all'art. 96 c.p.c. (dato che egli, al momento di quella dichiarazione, non ha ancora la qualità di parte), ma con riguardo al dovere di collaborazione nell'interesse della giustizia, che al terzo incombe quale ausiliario del giudice, la responsabilità per illecito aquiliano, a norma dell'art. 2043 c.c., in relazione alla lesione del credito altrui per il ritardo nel conseguimento del suo soddisfacimento provocato con quel comportamento doloso o colposo.

Cass. civ. n. 249/1983

Nell'esecuzione forzata presso terzi, il terzo che abbia reso la dichiarazione senza che sulla stessa siano sorte contestazioni (salvo l'apposito giudizio di cognizione nel quale sono litisconsorti lo stesso terzo il creditore pignorante, il debitore ed i creditori intervenuti nell'esecuzione) rimane estraneo al rapporto processuale, essendo egli chiamato soltanto al fine di specificare di quali cose o somme sia debitore o si trovi in possesso e quando deve eseguirne il pagamento o la consegna e pertanto la sua partecipazione al giudizio di opposizione agli atti esecutivi — nel quale la controversia rimane limitata tra il debitore e il creditore procedente (oltre gli eventuali interventi) e la sentenza è destinata a fare stato esclusivamente rispetto a costoro — non è necessaria ai sensi dell'art. 102 c.p.c., né è imposta da altre specifiche disposizioni del codice di rito, come l'art. 604 ultimo comma, in tema di espropriazione contro il terzo proprietario, ma soltanto possibile in via di intervento volontario, quando il terzo vi abbia interesse, per sostenere le ragioni dell'opponente.

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Tale precisazione viene fatta in quanto è ben possibile che il creditore, in questo caso l’Agenzia delle entrate Riscossione, decida di pignorare sia la pensione che il conto corrente sul quale la pensione viene accreditata, nel qual caso, però, terzo pignorato diviene anche l’istituto di credito o postale.
Diverse sono le conseguenze delle due ipotesi di pignoramento, avendo il legislatore previsto limiti diversi.
In particolare, mentre nel caso del pignoramento della pensione il limite da tutelare è pari al valore dell’assegno sociale moltiplicato per due (nel corrente anno il valore dell’assegno sociale è di euro 534,41 e, quindi la somma non pignorabile è pari ad euro 1.068,82), nel caso del pignoramento del conto corrente il limite è più alto (è, infatti, pignorabile la somma che eccede l’assegno sociale moltiplicato per tre, ovvero l’importo di euro 1.603,23), ma si corre indubbiamente il pericolo che sul conto siano state messe da parte somme ben superiori, le quali verranno tutte assegnate al creditore procedente in soddisfacimento del suo credito.

Ora, il fatto che nel quesito venga utilizzata l’espressione “Da questo mese ho un pignoramento con Agenzia Entrate sulla pensione” lascia intendere, come si è già anticipato, che il pignoramento abbia avuto ad oggetto soltanto il trattamento pensionistico e non il conto corrente di appoggio.
In ogni caso, la questione in ordine alla quale adesso si chiedono chiarimenti attiene alla sorte che possono avere eventuali accrediti successivi su quel conto corrente (in particolare, ci si preoccupa per le somme che vi verranno accreditate in forza di successione alla propria madre).

Ebbene, se terzo pignorato è soltanto l’INPS non si ha alcun motivo di preoccuparsi che il pignoramento possa estendersi anche al saldo attivo del conto corrente, in quanto occorrerebbe a tal fine un successivo atto di pignoramento, da notificare all’Istituto di credito presso cui è radicato il rapporto di conto corrente.
Se, al contrario, terzo pignorato è anche l’istituto di credito, la situazione è diversa.
E’ noto, infatti, che il pignoramento deve necessariamente discendere dalla notifica del relativo atto a mezzo di un ufficiale giudiziario o di un agente della riscossione (come in questo caso).
La notifica di tale atto informa il debitore che il conto corrente è stato pignorato e che alcune somme presenti sullo stesso saranno vincolate per saldare il debito esistente.
Quello stesso atto viene notificato alla Banca, la quale dal momento della notifica è obbligata a fornire la c.d. dichiarazione del terzo ex art. 547 c.p.c. (contenente informazioni sul conto corrente del debitore, come il saldo disponibile ed i movimenti recenti) nonché a bloccare una somma di denaro pari all’importo indicato nell’atto di precetto aumentato di una ulteriore somma secondo i criteri stabiliti dall’art. 546 del c.p.c..

Ai fini del soddisfacimento del credito vantato e, dunque, ai fini della determinazione da parte del giudice dell’esecuzione della somma da assegnare al creditore procedente, si deve tener conto solamente delle somme presenti sul conto corrente al momento della dichiarazione del terzo e non di quelle presenti al momento della notifica.
In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza n. 21081 del 19.10.20215, ove viene appunto precisato che nel caso di espropriazione forzata del conto corrente, la somma soggetta a pignoramento deve essere presente sul conto nel momento in cui il terzo (la banca) rilascia la sua dichiarazione.

Ciò significa, da un lato che qualunque somma accreditata nel periodo di tempo intercorrente tra la notifica e la dichiarazione del terzo (da rendere entro 10 ggg. ex art. 543 del c.p.c.) costituisce una somma potenzialmente pignorabile, ma dall’altro lato significa anche che eventuali somme versate sul conto corrente dopo la dichiarazione del terzo non potranno intendersi assoggettate ad espropriazione forzata (per queste ultime, infatti, sarà necessario un nuovo atto di pignoramento).

In estrema sintesi, dunque, può così rispondersi a quanto chiesto:
  1. se il pignoramento ha riguardato solo i ratei di pensione, non vi è alcun pericolo per le somme che andranno a confluire sul conto corrente per successione alla madre;
  2. se il pignoramento ha colpito anche il conto corrente, non si corre neppure alcun rischio se la banca ha già reso la dichiarazione di terzo, mentre si rischia di vedersele pure espropriate se ancora tale dichiarazione non è stata resa.


MAURIZIO S. chiede
domenica 20/09/2020 - Lazio
“Spett.le Brocardi.it
Maurizio S.
Sono a richiedere il seguente parere in tema di esecuzione forzata.

L’Agenzia Entrate Riscossione procede al pignoramento mobiliare presso terzi del conto corrente del contribuirete presso la banca.

L’opponente si oppone all’esecuzione, il giudice dell’esecuzione ex art. 624 c.p.c. sospende l’esecuzione, il procedimento prosegue per citazione dell’agente della riscossione difronte al giudice del merito dell’opposizione all’esecuzione.

Il Giudice dispone ex art. 190 c.p.c. per le comparse conclusionali e memorie.

Solo in questo momento l’opponente viene a conoscenza che la dichiarazione in quantità positiva della banca è stata prodotta dal direttore della banca rivelatosi essere falsus procurator in quanto ha firmato la dichiarazione in quantità positiva ex art. 547 c.p.c. sprovvisto della procura speciale.

Orbene, alla luce di tale rilevanza. l’opponente oltre a confermare le eccezioni espresse in sede di comparsa e costituzione e risposta, vorrebbe ulteriormente informare il giudice del merito dell’opposizione all’esecuzione oramai in sede di comparsa conclusionale, del fatto che il procedimento esecutivo deve essere “estinto” in quanto la dichiarazione in quantità positiva è stata sottoscritta da un falsus procurator.

La domanda è: facendo riferimento alle sentenze Cass. 30 maggio 1991, n. 6124, e Pret. Lucera, 12 marzo 1993, è corretto chiedere l’estinzione del procedimento esecutivo al giudice del merito dell’opposizione all’esecuzione nella imminente comparsa conclusionale? e se è pertinente fare anche richiamo alle SS.UU. n. 11377/2015, al fine di sostenere nella fattispecie la contestazione in senso lato rilevabile d’ufficio.

O Invece, siffatta peculiare difesa non è di competenza del giudice del merito nell’opposizione all’esecuzione e quindi l’opponete deve attendere l’esito in astratto dei tre gradi di giudizio, e in ipotesi di soccombenza dell’opponente fare valere in sede di riassunzione del procedimento esecutivo difronte al giudice dell’esecuzione la contestazione della dichiarazione sottoscritta dal falsus procurator al fine di scongiurare l’assegnazione della somma pignorata nel conto corrente.

Cordiali Saluti”
Consulenza legale i 24/09/2020
Va premesso che sulla specifica questione oggetto della presente consulenza non esiste giurisprudenza recentissima.
Partendo dalle pronunce citate proprio nel quesito, Cass. Civ. Sez. III, 30/05/1991, n. 6124 ha chiarito che la dichiarazione resa dal terzo ex art. 547 del c.p.c. è un atto non negoziale ma processuale, che deve essere compiuto dal terzo personalmente a mezzo di mandatario speciale; pertanto, secondo la S.C., non trattandosi di atto negoziale, non è applicabile la normativa civilistica relativa ai contratti conclusi ed agli atti unilaterali aventi contenuto patrimoniale compiuti da un "falsus procurator". Infatti, “trattandosi di dichiarazione integrativa dell'atto di pignoramento, che va effettuata nel processo esecutivo da un terzo, il quale perciò ne è estraneo, essa, per legge, va fatta dal preteso debitore esecutato "personalmente o a mezzo di mandatario speciale", e non da altra persona non munita di (specifico) potere di rappresentanza, nel qual caso la dichiarazione resa è inefficace, perciò inidonea ad integrare l'atto di pignoramento”.
Sulla stessa scia Pretura Lucera, 12/03/1993, secondo cui “il processo esecutivo per espropriazione presso terzi si estingue qualora la dichiarazione del terzo debitore sia inefficace per essere stata resa da soggetto privo di procura speciale ed il creditore procedente abbia omesso l'istanza di accertamento dell'obbligo del medesimo (nella specie, il creditore, stante la dichiarazione positiva del "falsus procurator", aveva fatto istanza di assegnazione)”.
In tempi relativamente più recenti, anche Tribunale Roma, Sez. IV, 07/05/2008 ha ribadito gli stessi principi (“la norma di cui all'art. 547 c.p.c. prevede infatti espressamente che il terzo debba rendere la dichiarazione "personalmente" o a mezzo di "procuratore speciale" o del difensore "munito di procura speciale". Pertanto laddove il terzo si avvalga di altri soggetti per rendere la dichiarazione (o se la dichiarazione sia resa per conto di una persona giuridica non dal legale rappresentante) i poteri devono risultare da procura speciale cioè da un atto la cui sottoscrizione sìa autenticata da notaio o da pubblico ufficiale. E, se la dichiarazione viene resa da soggetto privo del potere di rappresentanza, la dichiarazione ex art. 547 c.p.c. è inefficace senza possibilità di ratifica in quanto, trattandosi di atto non negoziale ma processuale, non è applicabile la normativa civilistica relativa ai contratti conclusi da un falsus procurator”).
Nel nostro caso, però, il processo esecutivo risulta sospeso in pendenza del giudizio di opposizione all’esecuzione, che, ai sensi dell’art. 615 del c.p.c., è il procedimento con cui si contesta il diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata. Invece la questione relativa alla inefficacia della dichiarazione del terzo, in quanto resa da soggetto privo di procura speciale, non attiene al diritto di procedere ad esecuzione forzata, ma riguarda, semmai, la regolarità degli atti del processo esecutivo e dovrà pertanto essere sollevata nella propria naturale sede, ovvero dinanzi al giudice dell’esecuzione; qualora questi assegnasse comunque la somma pignorata, il debitore dovrebbe esperire contro l’ordinanza di assegnazione il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 del c.p.c.
Attenzione, però, perché la giurisprudenza sin qui esaminata si riferisce a fattispecie precedenti l’entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 548 del c.p.c., il quale dispone ora che, in caso di mancata dichiarazione da parte del terzo, il credito pignorato, “nei termini indicati dal creditore, si considera non contestato ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione se l'allegazione del creditore consente l'identificazione del credito”.
Invece, in base al vecchio testo dell’art. 548 c.p.c., la mancata dichiarazione del terzo imponeva al creditore di promuovere il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, pena l’estinzione del processo esecutivo.
La formulazione letterale della norma si riferisce all’ipotesi della totale mancanza di dichiarazione da parte del terzo; può comunque sorgere il dubbio se l’invio di una dichiarazione resa da soggetto privo di procura speciale possa essere equiparato alla mancanza di dichiarazione, o se sia applicabile il secondo comma dello stesso art. 548 c.p.c., il quale prevede che, nel caso di mancato invio della dichiarazione a mezzo raccomandata A.R. o PEC, il giudice fissi nuova udienza per la dichiarazione del terzo.
Altra eventualità è che possa applicarsi il nuovo testo dell’art. 549 del c.p.c., il quale prevede appunto che, se sulla dichiarazione sorgono contestazioni, il giudice dell’esecuzione, su istanza di parte, provvede con ordinanza, compiuti i necessari accertamenti nel contraddittorio tra le parti e con il terzo (si tratta del “nuovo” giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo).

Alessandro chiede
lunedì 23/01/2012 - Lombardia

“Gradirei sottoporvi la mia questione riguardante il recupero di un credito per una consulenza fiscale nei confronti di una Società in accomandita semplice. Ho redatto una fattura proforma autenticata dall'ordine dei commercialisti di Milano e depositata preso il Tribunale di Milano. La società è stata messa in liquidazione e successivamente ha provveduto a chiudere la messa in liquidazione senza procedere al bilancio finale di liquidazione, visto che dalla legge non le viene imposto di redigere e presentare detto bilancio. La società è stata chiusa senza pagare i debiti del professionista e senza pagare i debiti del dipendente. Faccio presente che nel frattempo il decreto ingiuntivo a suo tempo notificato è diventato esecutivo. Nel frattempo il socio che era accomandatario è diventato socio accomandante, svolgendo la società la medesima attività precedente e facendosi assumere come dipendente dalla nuova società. Da parte mia è stata intrapresa l'azione per avere il quinto dello stipendio. Il difensore del debitore ha invocato l'Art. 547 c.p.c.. Vi chiedo: Quale mossa potrà giocare la parte debitrice invocando detto articolo? Le azioni da noi intraprese sono esatte con il blocco del quinto? Quali potranno essere le azioni negative nei miei confronti? Ho speranza di recuperare il mio credito che ammonta a circa 15.000,00 Euro? Posso fare una denuncia in tribunale per falso nella chiusura della sua attività. Quali altre azioni potete suggerirmi al riguardo? Ringrazio voi per quello che riuscirete fare e attendo quanto prima una vostra risposta agli interrogativi posti.”

Consulenza legale i 26/01/2012

Ai sensi dell'art. 547 del c.p.c. il terzo, personalmente o a mezzo di procuratore speciale o di difensore munito di procura speciale, deve specificare, a mezzo raccomandata o con dichiarazione in udienza, di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna. Deve altresì specificare i sequestri precedentemente eseguiti presso di lui e le cessioni che gli sono state notificate o che ha accettato. In relazione alla disciplina dell'espropriazione presso terzi, di cui all'art. 543 del c.p.c. e ss., la dichiarazione resa dal terzo deve includere, con riferimento alle posizioni giuridiche attive del lavoratore subordinato-debitore esecutato, l'indicazione delle quote accantonate del trattamento di fine rapporto, in quanto dotate intrinsecamente di potenzialità satisfattiva futura, e corrispondenti ad un diritto certo e liquido di cui la cessazione del rapporto di lavoro determina solo l'esigibilità. Qualora il terzo mantenga il silenzio in merito al trattamento di fine rapporto, dovuto per legge e di cui sono possibili anticipazioni soltanto parziali, la dichiarazione non deve essere considerata come negativa, dovendo il giudice dell'esecuzione colmare la lacuna istruttoria in ordine al quantum debeatur chiamando il terzo onde ottenere la risposta.

Se, invece, il terzo non compare all'udienza stabilita o, comparendo, si rifiuta di fare la dichiarazione di cui all'art. 547 c.p.c., o se intorno a questa sorgono contestazioni, il giudice, su istanza di parte, provvede all'istruzione della causa a norma del libro secondo, così come previsto dall'art. 548 del c.p.c..

Probabilmente, il debitore, invocando l'art. 547 c.p.c. fa riferimento alla dichiarazione negativa o alla mancata dichiarazione del terzo. In questo caso è proprio l'art. 548 c.p.c. che permette al creditore procedente di poter dare avvio ad un giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, che costituisce un autonomo giudizio di cognizione il cui oggetto è il diritto di credito del debitore esecutato verso il terzo debitore.

L'azione intrapresa per ottenere il quinto dello stipendio è corretta. Qualora il creditore volesse procedere con l'accertamento dell'obbligo del terzo, bisognerà attendere l'esito del giudizio di cognizione per poter dire con certezza se il credito potrà essere recuperato nella sua interezza o solo in parte.


A. M. chiede
venerdì 02/12/2022 - Sardegna
“Buonasera,
sono titolare delle quote (90%) di una società soggetta a procedura esecutiva. La società è proprietaria di due immobili, uno già venduto all'asta e l'altro verrà messo all'asta prossimamente.
Oltre a essere titolare delle quote ero anche dipendente, ho cessato il rapporto lavorativo a Dicembre 2021 e dalla società non mi è stato liquidato il tfr. Essendo socia ho firmato delle fideiussioni per la società e non essendo stato pagato il debito la banca oltre ad essere intervenuta nella procedura esecutiva procederà anche nei miei confronti.
Arrivo alla domanda, per avere il TFR dovrei inserirmi nella procedura esecutiva, ed assendoci anche la banca alla quale ho prestato le fideiussioni, chiedo se possono pignorarmi il TFR e per quale importo.
Rimango il attesa di una Vs. risposta.
Grazie

Consulenza legale i 12/12/2022
L’art. 545 c.p.c. ammette il pignoramento del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) entro determinati limiti espressamente indicati.
Per stabilire quali siano questi limiti è, tuttavia, necessario distinguere il caso in cui al momento del pignoramento il TFR non sia stato ancora versato al dipendente, dal caso in cui al momento del pignoramento sia già avvenuto il versamento in banca o sul libretto postale del lavoratore.
Per il primo caso, la norma in parola prevede che tutte le somme di denaro dovute dal datore di lavoro a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego (come il TFR), comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate nei seguenti limiti:
  • il TFR è pignorabile per crediti alimentari, nella misura autorizzata dal presidente del Tribunale.
  • il TFR è pignorabile nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle Province e ai Comuni;
  • il TFR è pignorabile nella misura di un quinto per ogni altro credito.
Di recente la Cassazione ha ribadito con l’ordinanza n. 19708/2018 che il TFR è un credito certo e liquido che il lavoratore matura durante il rapporto di lavoro. Tale somma, quindi, può essere utile per soddisfare le pretese del creditore.
In questi casi, quindi, il datore di lavoro (che risulta terzo pignorato), rilasciata la dichiarazione di cui all’art. 547 c.p.c. ed atteso l’ordine di assegnazione delle somme da parte del Tribunale, potrà versare il TFR al creditore pignorante solo dopo la cessazione del rapporto di lavoro con il dipendente esecutato.

Inoltre, ai sensi del comma 5 dell’art. 545 c.p.c., “Il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente non può estendersi oltre la metà dell’ammontare delle somme predette.” Sono quindi possibili simultanei pignoramenti (ad esempio, uno per crediti alimentari ed uno per crediti tributari), purchè limitati alla metà delle somme di denaro spettanti al lavoratore.

Nel caso in cui il TFR sia già stato versato sul conto corrente bancario o su un libretto postale del dipendente, i limiti di pignorabilità del TFR sono diversi.

Originariamente, parte della giurisprudenza riteneva il TFR pignorabile interamente, poichè una volta versato nel conto corrente del dipendente, si confonde con il resto del suo patrimonio.

Tuttavia, il decreto legge 83/2015 ha modificato l’art. 545 codice di procedura civile, stabilendo che “Le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonché dalle speciali disposizioni di legge”.

Pertanto, se il versamento del TFR in banca è precedente al pignoramento del trattamento di fine rapporto, questo è pignorabile per la somma eccedente i € 18.256,29, ossia il triplo dell’assegno sociale (quantificato per l’anno 2022 in € 6.085,43).

In conclusione, rispondendo al quesito, il TFR potrà essere pignorato per i debiti relativi alle fideiussioni nella misura di un quinto se non ancora versato al dipendente, mentre per la somma eccedente i € 18.256,29, dal momento in cui il Tfr verrà versato in banca.

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