Il patrimonio in generale, beni indisponibili e disponibili
Col presente articolo il codice si occupa della disciplina dei beni patrimoniali dello Stato, delle province e dei comuni, ossia dei beni che a tali enti appartengono a titolo di proprietà privata. L’articolo contiene
l’elencazione tassativa dei beni demaniali, mentre i beni patrimoniali vengono indicati genericamente come tutti gli altri che non sono della specie di quelli costituenti il pubblico demanio, in tal modo l'art. 826 finisce per riprodurre sostanzialmente l'art. 428 del vecchio codice. Il legislatore ha voluto, però, adottare per il patrimonio la distinzione già contenuta nel regolamento 23 maggio 1924, n. 827, fra
patrimonio indisponibile e patrimonio disponibile.
Com’ è noto, la diversa posizione giuridica delle due categorie è conseguenza della diversa funzione economica dei beni che ne fanno parte: beni indisponibili sono quelli destinati direttamente a un fine pubblico, pertanto, sotto questo aspetto, si trovano in una condizione analoga a quella dei beni demaniali, pur non ricorrendo per essi le ragioni politiche e di altro genere che determinano l'assoggettamento al regime della proprietà pubblica. I beni disponibili hanno, invece, un'utilità strumentale, poiché servono alla produzione di altri beni, ossia di entrate patrimoniali per gli enti cui appartengono: essi sono, di conseguenza, soggetti in modo quasi completo alle regole del diritto privato comune.
L'adozione di questa distinzione ha reso necessaria una indicazione tassativa dei beni disponibili, analoga a quella già fatta dall'
art. 822 del c.c. per i beni demaniali: a questa enumerazione sono dedicati il secondo e terzo comma del presente articolo. In modo simmetrico a quanto ha fatto l'art.
822 c.c. per i beni demaniali, il presente articolo elenca prima una serie di beni indisponibili che non possono appartenere se non allo Stato, quindi un altro gruppo, molto più generico, di beni indisponibili che possono appartenere così allo Stato come alle provincie e ai comuni e, come vedremo, anche ad altri enti.
I beni indisponibili di esclusiva proprietà dello Stato: foreste, miniere, cave e torbiere, cose d’interesse storico rinvenute nel sottosuolo, dotazione della Corona, armamenti
L'elencazione dei beni indisponibili dello Stato comprende le seguenti categorie:
a)
Le foreste, che a norma delle leggi in materia costituiscono il demanio forestale di Stato. Con ciò la Legge conferma che, nei riguardi delle foreste, l'espressione «
demanio » è usata dalle leggi speciali in senso del tutto improprio. Quali foreste costituiscano il demanio forestale risulta dagli art. 106-116 del R. D. 30 dicembre 1923, n. 3267: la proprietà di questi boschi da parte dello Stato non ha scopo soltanto finanziario, ma anche e soprattutto idrogeologico ed igienico, infatti tali scopi attengono a quelle ragioni di conservazione e d'incremento del patrimonio boschivo nazionale che giustificano le stesse limitazioni alla proprietà privata dei boschi. Le foreste demaniali sono amministrate da un' apposita Azienda autonoma, che ha personalità giuridica ed organi propri, sebbene sia alle immediate dipendenze del Ministero dell'agricoltura e foreste (art. Io8 e seguenti del decreto citato e leggi 13 dicembre 1928, n. 3141; 5 gennaio 1933, n. 30).
b)
Le miniere. La legislazione mineraria italiana ha raggiunto la sua unificazione soltanto col decreto legislativo 29 luglio 1927, n.1443, il quale sostituì le leggi degli antichi Stati ancora vigenti nelle varie province del Regno.Com’è noto, queste leggi avevano seguito vari sistemi, fra i quali i principali erano quello detto fondiario, vigente in Toscana e in Sicilia, e quello detto demaniale, proprio dell'antico Regno Sardo, del ducato di Parma e di quello di Lucca. Il sistema fondiario, basato sul principio romano, per cui la proprietà del suolo si estenderebbe anche al sottosuolo senza alcuna limitazione, riconosceva la piena proprietà delle miniere ai proprietari del fondi soprastanti. Il sistema demaniale, derivava dall' antico sistema regalistico, che riservava la proprietà del sottosuolo al sovrano, it quale ne faceva oggetto di concessioni perpetue e onerose al principale scopo di procurare un'entrata all'erario. Il sistema demaniale riserva la proprietà delle miniere allo Stato, che ne concede ai privati la coltivazione a scopo di generale utilità.
A quest'ultimo si avvicina il sistema accolto dal decreto di unificazione: data l'importanza che la coltivazione delle miniere presenta per l'economia generale, il legislatore ha voluto evitare che esse restino in dominio dei proprietari del suolo, che possono non avere interesse o capacità per la loro coltivazione. Il decreto ha riservato, perciò, esclusivamente allo Stato la proprietà del sottosuolo, condizionando la coltivazione delle miniere ad apposita concessione amministrativa, che può essere rilasciata solo a chi presenta sufficienti garanzie tecniche e finanziarie ed è soggetta a decadenza in caso di cattivo use e di inosservanza degli obblighi imposti. Il decreto legislativo citato non contiene una definizione del sistema adottato; la relazione che lo accompagna, pure affermando essersi ii nuovo sistema informato al principio della demanialità, dichiara che il legislatore ha, tuttavia, evitata qualunque definizione, per non pregiudicare l'opera della futura codificazione.
Il Codice non poteva perciò astenersi dal risolvere la questione della
condizione giuridica delle miniere. La soluzione doveva evidentemente essere in armonia col sistema della legge speciale: rispetto a questa, varie erano state le interpretazioni della dottrina. A parte alcuni autori che negavano che lo Stato abbia un diritto di proprietà sul sottosuolo, fra coloro che hanno riconosciuto un tale diritto solo una minoranza qualificava questo come una proprietà. demaniale; la maggior parte escludeva che la legge offrisse elementi per una tale soluzione. In realtà la legge non contiene nessuna disposizione che ponga le miniere sotto it regime giuridico della demanialità: essa non attribuisce allo Stato altra funzione che quella di regolare it godimento e la coltivazione delle miniere; e, anche ove si voglia tener conto di altre leggi speciali, quali quelle dedicate alla polizia delle miniere, in esse non si trova alcuna norma che abbia per oggetto la tutela pubblicistica di tali beni, ma solo regole intese a garantire la sicurezza delle persone addette ai lavori. Si aggiunga che tali beni sono per loro natura redditizi e, quel che sembra ancor più decisivo, sono destinati ad esaurirsi col fatto stesso dell' use e del godimento.
Per tutto questo sembra esatta la soluzione accolta dal codice, collocando le miniere fra i beni patrimoniali, e precisamente fra quelli destinati a un determinato fine pubblico che nella specie fa parte di quello dell'incremento economico nazionale. Nessun contrasto presenta tale soluzione col richiamo al sistema demaniale, contenuto nella relazione citata: «
sistema demaniale », non è espressione usata, nelle stesse classificazioni dei sistemi storici, nel senso tecnico di «
sistema del demanio pubblico », ma essa serve soltanto per designare l'appartenenza delle miniere allo Stato. Inoltre, il rinvio al nuovo codice per la più precisa determinazione della natura di quest'appartenenza esclude qualunque pregiudizio della questione da parte del decreto legislativo.
c)
Le cave e torbiere. A differenza delle miniere queste non sono per natura in proprietà dello Stato, ma appartengono come regola ai proprietari dei fondi in cui si trovano. Solo quando il proprietario non intraprenda la coltivazione o non dia ad essa sufficiente sviluppo, il ministro per le corporazioni, previo il procedimento indicato nell'art. 45 del citato R. D. 29 luglio 1927, può disporre della cava o della torbiera mediante concessione. In questo caso la condizione della cava é quella stessa stabilita per le miniere.
d)
Le cose d'interesse storico ed artistico ritrovate nel sottosuolo. La maggiore specificazione di tali cose, contenuta nel presente articolo, riproduce quella fatta dall'art. i) della legge su questa materia del 10 giugno 1939, n. 1089. Dalla stessa legge risulta come le cose della specie di cui si tratta, ritrovate nel sottosuolo, non possono appartenere che allo Stato : siano esse ricercate dallo Stato stesso per mezzo dei suoi organi, oppure da altri soggetti pe c concessione dello Stato, o dagli stessi proprietari nei propri fondi con particolare autorizzazione dello Stato stesso, o infine siano rinvenute fortuitamente in qualunque fondo, le cose ritrovate appartengono in tutti i casi allo Stato (legge cit. art. 43-50). Qualora le cose di cui in parola siano accolte in un museo o in una altra collezione di quelle indicate nel capoverso dell'articolo in esame, esse contribuiscono alla formazione di un bene demaniale: per se stesse, tuttavia, conservano comunque il carattere di beni patrimoniali indisponibili.
e)
I beni costituenti la dotazione della Corona. II Codice non porta alcuna innovazione su questo punto: è ormai opinione generalmente accolta che i beni anzidetti appartengono allo Stato e sono da questo destinati al godimento del Re Imperatore, il cui diritto ha stretta analogia con l'usufrutto, sebbene di contenuto più ampio.
f) Le caserme, gli armamenti, gli aeroplani e le navi da guerra. Tutti i beni destinati alla difesa militare appartengono esclusivamente allo Stato; i più importanti fanno parte del demanio pubblico, gli altri del patrimonio indisponibile.
Beni indisponibili comuni allo Stato e agli enti pubblici minori
I beni indisponibili che possono appartenere, oltre che allo Stato, alle province e ai comuni, sono costituiti dagli
edifici destinati a sede di uffici pubblici, quali i palazzi dei ministeri, delle corti e dei tribunali, i palazzi del governo nelle province, le case in cui sono collocati gli uffici delle province e dei comuni. Accanto a questi immobili, l'articolo ricorda espressamente
i mobili che servono ad essi di arredamento, i quali comprendono oltre al mobilio in senso stretto, gli strumenti tecnici, gli schedari, i registri, le carte e gli oggetti di cancelleria. Sono ugualmente indisponibili tutti i beni adibiti ai pubblici servizi, come gli edifici scolastici coi relativi arredamenti, quelli per lo svolgimento dei servizi postali, telegrafici e telefonici, gli impianti per la produzione e distribuzione dell'energia elettrica che sia usata come mezzo di pubblici servizi, ecc. Per tutti questi beni, la speciale condizione giuridica deriva da un
atto di volontà della pubblica amministrazione, col quale la cosa è destinata al conseguimento di un determinato fine pubblico.