Cass. civ. n. 21906/2021
Mentre ha carattere di debito di valore l'obbligo del rendiconto relativo ai frutti naturali della cosa, integra "ab origine" un debito di valuta - soggetto, come tale, al principio nominalistico - l'obbligo del rendiconto dei frutti civili costituenti il corrispettivo del godimento della cosa, sicchè quest'ultimo, ancorché difetti di liquidità, non è suscettibile di rivalutazione automatica, mentre il fenomeno inflattivo può integrare solo responsabilità risarcitoria per maggior danno ex art. 1224, comma 2, c.c., sempre che ne ricorrano i presupposti - inclusa la colpevolezza del ritardato pagamento. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO MILANO, 24/09/2015).
Cass. civ. n. 14372/2018
In tema di adempimento di obbligazioni pecuniarie mediante il rilascio di assegni bancari, l'estinzione del debito si perfeziona soltanto nel momento dell'effettiva riscossione della somma portata dal titolo, poiché la consegna dello stesso deve considerarsi effettuata, salva diversa volontà delle parti, "pro solvendo".
Cass. civ. n. 22903/2017
La cambiale è un mero strumento di credito e la sua emissione e trasmissione non costituiscono pagamento, poiché l'adempimento dell'obbligazione portata dal titolo si verifica solo nel momento in cui, alla scadenza, il debitore provvede ad onorarla.
Cass. civ. n. 19084/2015
L'obbligazione pecuniaria avente ad oggetto il pagamento di una somma di denaro in valuta estera convertibile in moneta italiana sulla base di un semplice calcolo aritmetico con riferimento al tasso ufficiale di sconto (nella specie, aiuto comunitario ai produttori di olio, da corrispondere in ecu, il cui valore di conversione in lire era fissato dall'art. 1 del reg. CEE n. 1502 del 1985), integra un debito di valuta, insuscettibile di trasformarsi in debito di valore a seguito di costituzione in mora del debitore, sia per la facoltà che quest'ultimo ha, ex art. 1278 c.c., di convertire la moneta estera in quella avente corso legale anche solamente all'atto del pagamento, sia in virtù del principio della "perpetuatio obligationis".
Cass. civ. n. 20643/2014
Nelle obbligazioni pecuniarie, in mancanza di specifiche pattuizioni circa le modalità di pagamento, il debitore deve adempiere con moneta avente corso legale, ai sensi dell'art. 1277 cod. civ., potendosi desumere anche dal comportamento delle parti l'esistenza di un accordo tacito tale da far ritenere derogato detto principio. (Nella specie, la S.C. ha negato la sussistenza di un accordo tacito che imponesse al creditore di ricevere il pagamento a mezzo di assegni bancari del residuo prezzo di una compravendita immobiliare, pur avendo dapprima lo stesso accettato la consegna di un assegno per l'acconto versato in sede di preliminare).
Cass. civ. n. 14531/2013
In tema di obbligazioni pecuniarie, il pagamento effettuato mediante un sistema diverso dal versamento di moneta avente corso legale nello Stato, ma che comunque assicuri al creditore la disponibilità della somma dovuta, può essere rifiutato solo in presenza di un giustificato motivo, dovendo altrimenti il rifiuto ritenersi contrario a correttezza e buona fede. (Nel caso di specie, inviato dal debitore assegno bancario per un importo corrispondente all'ammontare del credito, avendo il creditore omesso di comunicare le proprie determinazioni in merito alla non accettazione del pagamento, nonché - di seguito - intimato il precetto ed iniziato l'esecuzione continuando a detenere l'assegno ricevuto, portandolo all'incasso dopo la scadenza dei termini per la presentazione, è stata confermata la decisione con cui il giudice dell'esecuzione, in accoglimento dell'opposizione proposta dal debitore, aveva escluso la "mora debendi" e, dunque, la decorrenza degli interessi sulla somma costituente oggetto dell'obbligazione, proprio in ragione della ravvisata contrarietà a buona fede del contegno assunto dal creditore della prestazione pecuniaria).
Cass. civ. n. 13649/2013
L'obbligo di pagare una somma di danaro da determinarsi in base ad un criterio preventivamente stabilito dà luogo ad un debito pecuniario, tale essendo non solo ogni debito in cui l'assetto originario della prestazione consista in una somma di danaro già quantificata, ma anche quello in cui l'oggetto dell'obbligazione sia una somma determinabile in base a criteri di computo precostituiti sin dal momento della nascita dell'obbligazione stessa. Ne consegue che, gli utili dovuti in forza del contratto di associazione in partecipazione costituiscono un'obbligazione di valuta cui è applicabile il principio nominalistico e non sono suscettibili, quindi, di rivalutazione monetaria.
Cass. civ. n. 21000/2011
Le obbligazioni pecuniarie si identificano soltanto nei debiti che siano sorti originariamente come tali e cioè aventi ad oggetto sin dalla loro costituzione la prestazione di una determinata somma di denaro. Costituisce, pertanto, obbligazione pecuniaria, da adempiere al domicilio del creditore al tempo della sua scadenza, ex art. 1182, terzo comma, c.c., l'obbligazione derivante da titolo negoziale o giudiziale che ne abbia stabilito la misura e la scadenza stessa; qualora, invece, tale determinazione non sia stata eseguita "ab origine" dal titolo, l'obbligazione deve essere adempiuta, salvo diversa pattuizione, al domicilio del debitore, ai sensi dell'ultimo comma del citato art. 1182, non trattandosi di credito liquido ed esigibile.
Cass. civ. n. 14573/2007
Per distinguere i debiti di valuta dai debiti di valore occorre avere riguardo non alla natura dell'oggetto nel quale la prestazione avrebbe dovuto concretarsi al momento dell'inadempimento o del fatto dannoso, bensì all'oggetto diretto ed originario della prestazione, che nelle obbligazioni di valore, consiste in una cosa diversa dal denaro, mentre nelle obbligazioni di valuta è proprio una somma di danaro, a nulla rilevando l'originaria indeterminatezza della somma stessa. Ne consegue che il debito per il risarcimento del danno conseguente alla mora nell'adempimento di un'obbligazione sin dall'origine pecuniaria,
ex art. 1224 c.c., ha natura di debito di valuta tanto se il risarcimento sia pari alla sola misura degli interessi al tasso legale e convenzionale, quanto se debba essere determinato anche in relazione alla maggior misura dimostrata.
Cass. civ. n. 9691/2000
L'obbligo di pagare una somma di danaro da determinarsi in base ad un criterio preventivamente stabilito dà luogo ad un debito pecuniario, tale essendo non solo ogni debito in cui l'assetto originario della prestazione consiste in una somma di danaro già quantificata, ma anche quello in cui l'oggetto della obbligazione sia una somma determinabile in base a criteri di computo precostituiti sin dal momento della nascita dell'obbligazione stessa. Infatti, in entrambi i casi il pagamento della somma di danaro secondo il suo valore nominale estingue l'obbligazione, secondo il disposto dell'art. 1277 c.c.
Cass. civ. n. 250/1982
Le obbligazioni pecuniarie, le quali danno luogo al cosiddetto debito di valuta, sono soggette al principio nominalistico espresso dall'art. 1277 c.c. e continuano ad esserlo anche dopo la scadenza, per cui la prestazione si estingue, pur dopo che il debitore sia caduto in mora, col pagamento della quantità di moneta cui essa è commisurata, anche se questa durante la mora abbia perduto parte del suo potere di acquisto per effetto della svalutazione, mentre la svalutazione stessa in sé non è un danno giuridico, ma un'evenienza che può aggravare il pregiudizio derivante al creditore dall'inadempimento.
Cass. civ. n. 2775/1973
Il credito di una somma di denaro liquida o comunque agevolmente determinabile, in base ad elementi o criteri prestabiliti dal contratto o dalla legge, non perde tale carattere per le eventuali contestazioni da parte del debitore. La pronuncia giudiziale, in tal caso, ha infatti effetto meramente dichiarativo, essendo diretta ad accertare quella liquidità che già esiste nel credito, per la sua stessa natura.
Cass. civ. n. 861/1969
A norma dell'art. 1277 c.c., obbligazioni pecuniarie, soggette come tali al principio nominalistico, sono quelle originariamente costituite in valuta e non quelle che si traducono in espressione monetaria per sopravvenute vicende del rapporto, ossia per sostituzione al primitivo oggetto dell'obbligazione di una quantità di denaro che ne rappresenti l'equivalente. In quest'ultimo caso il debito tradotto in denaro, appunto perché è la risultante di una relazione di equivalenza, suole denominarsi debito di valore ed assume logicamente il suo indice quantitativo nel momento della liquidazione.