Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4830 del 18 ottobre 2017, si è occupato proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Nel caso esaminato dal Consiglio di Stato, il Tribunale Amministrativo di Bolzano aveva rigettato l’impugnazione proposta dal titolare di un albergo, avverso la concessione edilizia, con cui il Comune aveva autorizzato alcuni altri soggetti all’esecuzione di lavori di “realizzazione di una nuova sede di maso chiuso (stalla/fienile e casa d’abitazione)”.
Secondo il Tribunale, in particolare, l’impugnazione sarebbe stata ben oltre il termine di decadenza di 60 giorni dal rilascio della concessione edilizia e dall’inizio dei lavori.
Ritenendo la decisione ingiusta, il soggetto in questione aveva deciso di rivolgersi al Consiglio di Stato, nella speranza di ottenere la riforma della sentenza sfavorevole.
Il Consiglio di Stato, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione al ricorrente, confermando integralmente la sentenza resa dal Tribunale di primo grado.
Osservava il Consiglio di Stato, infatti, che, dagli accertamenti effettuati in corso di causa, era emerso che il cantiere era stato allestito nel mese di maggio 2016 e che, sin dall’inizio, era presente un “cartello di cantiere”, sul quale risultava espressamente indicato l’oggetto della costruzione e sul quale erano stati riportati, altresì, gli estremi della concessione edilizia oggetto di contestazione.
Precisava il Consiglio di Stato, in proposito, che il cartello di cantiere ha proprio lo scopo di consentire agli eventuali controinteressati di far valere le proprie ragioni, laddove gli stessi ritengano che i lavori stessi violino i loro diritti.
Di conseguenza, secondo il Consiglio di Stato, nel caso di specie, risultava “incontrovertibilmente comprovato” che il ricorrente, “sin dal mese di maggio 2016” era stato a “piena conoscenza dell’intervento progettato e in grado di valutarne l’eventuale incidenza lesiva sulla propria sfera giuridica”, ma che il ricorso al Tribunale amministrativo era stato notificato solo nell’aprile 2017, “e dunque ampiamente oltre il termine di decadenza di cui all’art. 41, comma 2, cod. proc. amm., maturato a fine luglio 2016”.
Alla luce di tali considerazioni, il Consiglio di Stato rigettava il ricorso proposto avverso la decisione resa dal Tribunale amministrativo di primo grado, compensando tra le parti le spese processuali.